UniCredit, l’ad Ghizzoni: “C’è bisogno di senso di responsabilità e internazionalizzazione. Basta con il ‘piccolo è bello'”

Pubblicato il 19 Aprile 2011 - 11:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Quello che manca di più all’Italia in questa fase è un grande progetto di rilancio del Paese. Servirebbe un clima di unità per marciare compatti in un’unica direzione, come era in Italia negli anni ’60 e come avviene oggi in Paesi emergenti come la Turchia. Purtroppo, le varie forze che dovrebbero contribuire alla crescita economica sono disunite. E all’estero, il peso politico e d’immagine dell’Italia non è dei migliori. In positivo, ci apprezzano per gli sforzi di contenimento del debito e per il rigore nella finanza pubblica”: intervistato dal Sole 24 Ore, Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit dopo le dimissioni di Alessandro Profumo, parla a tutto campo.

Sulle colpe di UniCredit nella poca credibilità delle banche Ghizzoni si smarca: “La reputazione delle banche è bassa ovunque. Eppure io sono convinto di riuscire a far capire che UniCredit è un asset decisivo per il Paese. Serve da parte nostra un’assunzione di responsabilità e anche di leadership che, se ben esercitata, incide anche sulla reputazione. Dobbiamo essere uno dei motori del rilancio dell’economia e dell’industria italiana, aiutando le imprese a diventare grandi. In Germania ci sono tantissime imprese, non quotate e a proprietà familiare, che vanno dai 100-200 milioni fino ai 6 miliardi di fatturato. Da noi si continua con la leggenda che “piccolo è bello”. Intanto la Germania cresce il doppio dell’Italia”.

Non si dice pessimista, ma chiede che “chi ha posizioni di leadership, come noi in campo bancario, si assuma le proprie responsabilità per il Paese. E bisogna anche farlo in fretta. Uno dei temi da affrontare è quello del lavoro giovanile. Non voglio invadere altri campi, parlo di banche e faccio un esempio: da noi l’età media dei dipendenti bancari è di 45 anni, in Turchia dove abbiamo 17 mila dipendenti è di 29 anni”.

Per UniCredit il 2011 sarà “l’anno della svolta”, con un grande rilancio sia in Italia sia all’estero, in particolare in Germania, “dove siamo la seconda banca del Paese”, e in Austria, ma anche in Polonia, Turchia e Russia. Sull’oculato acquisto di Pekao in Polonia, Ghizzoni rende merito al predecessore Alessandro Profumo.

Ora invece con il suo arrivo alla poltrona di amministratore delegato c’è stata una “virata” rispetto alla banca di mercato di Profumo: “Noi vogliamo prima di tutto fare banca ed essere un’impresa che cresce. Io ho lavorato per 18 anni all’estero e da sempre sento ripetere che l’Italia è un Paese di invidualisti, che non ha capacità di fare sistema. Un Paese che perde nel confronto con francesi o tedeschi”.

Quindi la sua ricetta è di tornare “al concetto di leadership e di responsabilità. UniCredit può contribuire alla crescita del Paese e del sistema economico e imprenditoriale. Contribuendo alla politica industriale. Penso ad esempio al tema principale: favorire la crescita delle imprese”. Ma anche “sostenere quelle aziende che hanno nel loro Dna la possibilità di effettuare un salto dimensionale. Ancora: in alcune filiere produttive e in alcuni distretti, promuovere aggregazioni tra imprese. Favorire l’internazionalizzazione delle aziende”.

Riguardo all’impegno al fianco di Intesa SanPaolo per evitare l’acquisizione di Parmalat da parte di Lactalis, “Stiamo lavorando per cercare di aggregare un progetto industriale e finanziario che consenta a una multinazionale dell’alimentare di restare con la testa in Italia. E per questo siamo disponibili sia in termini di finanziamento che di advisory”. Senza però entrare nel capitale di Parmalat, precisa Ghizzoni.

Ghizzoni definisce una “novità positiva” il fondo sovrano imperniato sulla Cassa depositi e prestiti e sulle Fondazioni dietro invito del ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Ce l’hanno quasi tutti i grandi Paesi. Naturalmente, le banche non ne possono fare parte per evitare conflitti d’interesse. Siamo invece parte attiva del Fondo per le piccole medie imprese”.

Sul caso Ligresti, ovvero di Premafin e Fondiaria-Sai, “Bisognava salvare il gruppo da un possibile giudizio negativo del mercato al momento in cui sarebbe stata annunciata un’ingente perdita di bilancio, come è poi avvenuto. Era necessario cioè che FonSai annunciasse un aumento di capitale che la mettesse al sicuro. Sono soddisfatto dell’accordo raggiunto e ora potremo aiutare nella ristrutturazione di FonSai. Appena si verificheranno le due condizioni sospensive: l’esenzione Consob dall’Opa e l’ok delle altre banche alla rimodulazione del debito”. Ma “la gestione delle partecipazioni resta nelle mani di Ligresti. O meglio, del consiglio di amministrazione in cui siederanno anche nostri rappresentanti. Ma saranno 3 su 18, certo non siamo decisivi”.

Ghizzoni vede positivamente l’uscita di scena di Cesare Geronzi da Generali: “I manager della compagnia hanno ora maggiore tranquillità e stabilità nella governance. Questo li metterà nelle condizioni di concentrarsi sul business e cercare di raggiungere e superare i risultati reddituali dei grandi competitor europei Allianz e Axa. Credo che le Generali dovrebbero diventare il banchmark europeo in termini di redditività. Ora che la governance si è chiarita, il management ha più responsabilità. E non ha più alibi”.

Sulla situazione dei fondi sovrani libici, di cui sono stati congelati diritti di voto e diritti patrimoniali, Ghizzoni conferma che “finché non ci sarà in Libia un Governo riconosciuto dalla comunità internazionale, le loro quote resteranno congelate. Staccheremo il dividendo, ma non potranno incassarlo e i loro proventi resteranno in custodia presso le autorità competenti”.

Ghizzoni conferma anche il suo no agli stress test, e della propria banca e del suo valore dice “il 100% di Pekao vale quasi 12 miliardi. E altri 10 miliardi circa vale Yapi-Kredi in Turchia. UniCredit vale molto di più della somma delle parti. Ma in questa fase non credo a un take over. E nel frattempo lavoreremo per aumentare sensibilmente la capitalizzazione e fare emergere tutto il potenziale di UniCredit”.