Fmi e profeti dell’austerity chiedano scusa

Pubblicato il 11 Gennaio 2013 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA
Los Cabos, Mexico – Heads of the G20 leading economies (Ap-LaPresse)

“Uno stupefacente mea culpa da parte del capo economista del Fondo Monetario Internazionale”. Non lascia spazio a dubbi il titolo dell’articolo pubblicato la scorsa settimana dal Washington Post. Cos’è successo? In buona sostanza uno studio appena pubblicato dal FMI riconosce che i piani di austerità proposti, o meglio imposti, a mezza Europa negli ultimi anni sono un danno per l’economia e l’occupazione. Peggio ancora, non funzionano nemmeno per rimettere a posto i conti pubblici, ovvero per diminuire il famigerato rapporto tra debito pubblico e PIL, vero e proprio faro che guida le scelte politiche di tutti i Paesi occidentali.

Cerchiamo di capire meglio. Dimentichiamoci per un momento che la crisi è stata causata da una gigantesca finanza privata fuori controllo, e non certo dalla finanza pubblica. Ammettiamo che siano adesso gli Stati a dovere rimettere a posto i conti pubblici, e non delle banche private sommerse di titoli tossici e che continuano a lavorare con leve finanziarie degne di avventurieri da casinò. Supponiamo anche che lo stato di salute di un Paese vada valutato in base al rapporto tra debito pubblico e PIL e non al benessere dei cittadini o al tasso di disoccupazione, tanto per fare un paio di esempi. […]

Oggi anche il FMI ammette di avere completamente sbagliato le sue previsioni. In Italia abbiamo appena vissuto un anno di governo che ha fatto dei piani di austerità il proprio credo e unica bussola. All’inizio della campagna elettorale, tanto chi ha guidato l’esecutivo quanto chi lo ha sostenuto in Parlamento dovrebbero forse iniziare con un analogo mea culpa, per poi proporre ricette di politica economica radicalmente differenti. Se persino il FMI ha chiesto scusa, forse possono farlo anche i politici di casa nostra.

Andrea Baranes, “Abbiamo sbagliato…”, www.nonconimieisoldi.org, 9 gennaio 2013