Art. 18. Monti non Thatcher ma Heath: downgrade del Wall Street Journal

Pubblicato il 6 Aprile 2012 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA

Forte tensione sul lavoro, nuove tasse sulla casa. Figuraccia: “Arrendersi all’italiana” (Wsj), “Finita la luna di miele di Monti” (Financial Times). La bibbie del mondo finanziario sono senza appello. Il Wall Street Journal paragona Mario Monti a Edward Heath, “lo sfortunato predecessore di Mrs.Tatcher”. Pochi giorni fa avevano detto che Monti era come la Thatcher, ma la riforma del lavoro gli ha fatto cambiare idea. .

Il Sole 24 si schiera. Titolo: “Lavoro, più tasse sulla casa. Copertura con nuovi prelievi su abitazioni locate, auto aziendali e biglietti aerei. Raffica di misure fiscali per finanziare la riforma del lavoro”. Dopo il quasi black out di ieri, spazio a Confindustria: “Pronti a disdire i contratti precari. Marcegaglia: riforma pessima”. Replica di Monti, che non esclude la fiducia: “Marcegaglia si assuma le sue responsabilità. Il reintegro? Ipotesi estrema”. Si vede che delle aziende ha visto solo i saloni dei consigli di amministrazione, Monti di tecnico ha solo il nome: gli piace il Palazzo e ci vuole restare e si è dimostrato pronto a ogni compromesso pur di non scontentare. Comunque sul Secolo XIX gli dà conforto il giudice del lavoro genovese Marcello Basilico: “Il reintegro sarà un’eccezione”. Si vede che non conosce bene la giurisprudenza del suo stesso tribunale.

Durissimo, irrituale, il corsivo del direttore Roberto Napoletano contro Monti. La colpa del pasticcio, sostiene Napoletano, è della polemica a distanza con i partiti nel suo viaggio in Oriente.  In viaggio all’estero, non ci si occupa delle vicende interne, non si risponde alle polemiche domestiche, non si scrivono lettere ai giornali sui rapporti tra governo e partiti”.  La “logica conclusione” è stato il “vertice notturno” con Alfano, Bersani e Casini in cui “il verbale «chiuso» [ma salvo intese] sulla riforma del mercato del lavoro è stato riaperto: si sono inventate coperture rozze (che cosa c’entrano i rincari su casa, auto aziendali, biglietti aerei?), si è indebolita la flessibilità in uscita e sono rimasti intatti oneri contributivi e rigidità sui contratti in entrata in una dimensione tale da rischiare di ridurre le occasioni di occupazione per i giovani e i tanti (troppi) quarantenni e cinquantenni che si sono ritrovati dalla sera alla mattina senza un reddito”.

Monti, conclude Napoletano, “ha scalfito, non abbattuto, il tabù dell’articolo 18”, ma l’Italia non ha “bisogno di pasticci che ipotecano il futuro”. Speranza: “iamo ancora in tempo per correggerli”. Davvero?

A questa speranza si attacca su Repubblica anche il commento di Tito Boeri e Pietro Garibaldi “Aspettando un’altra legge”: “La riforma è stata fatta, lunga vita alla prossima legge”. Repubblica, che ha sempre pencolato dalla parte dei sindacati, dà voce al dissenso con tre titoli ai piedi della prima pagina: “Lavoro, scontro Monti-Confindustria”; “Per finanziare la riforma, che costa 2 miliardi, stangata sui voli e sugli affitti, colpite anche le auto aziendali”; e quello su Boeri-Garibaldi.

Il Corriere della Sera aggiunge: “Partite Iva e licenziamenti. Lite tra Monti e le imprese”, possibile che per far passare il suo atto di resa al sindacato Monti ponga la fiducia. Alberto Alesina e Andrea Ichino: “Contratti flessibili, errore grave”. Elsa Fornero, la maestrina con la matita blu che delle aziende sa ancor meno di Monti, ha perso un’altra occasione: quelle degli imprenditori, ha detto, sono “ragioni isteriche” (Corriere della Sera, ma c’è anche una intervista alla Stampa della sua città Torino).

Bossi ormai è archiviato. Ha lasciato da italiano, non da padano: “C’è di mezzo la famiglia”, dotto’.

Fa quasi pena, ma ha pontificato troppo. Notizia in apertura di tutti i giornali in rassegna. Si segnalano Libero: “La Lega non ce l’ha più”; Corriere della Sera: “Bossi si dimette, i segreti di un addio”; Repubblica: “Lega, è finita l’era di Bossi”, che politicamente è il più centrato. Ezio Mauro, direttore di Repubblica, nota soddisfatto: “Cadono a un a uno gli idoli della destra italiana che fino a ieri guidavano il Paese”. Purtroppo non si chiede quando cadranno quelli della sinistra, che con quella destra hanno fatto affari, a cominciare dalla televisione per passare all’indulto, e così si potrà avere in Italia un vero e totale rinnovamento.

L’interrogativo è ora cosa sarà della Lega dopo Bossi. Tutto porta alla successione di Roberto Maroni, che è stato un eccellente ministro e che Bossi ha già salvato dall’ira dei militanti: “Non è un traditore”. Nelle decine di pagine dedicate a Bossi, tra intercettazioni e verbali, brilla la fede assoluta dei militanti: Bossi può avere fatto qualsiasi cosa, ma tutto gli è perdonato a priori.

Sul Corriere della Sera una notizia devastante: il ministero Infrastrutture e Trasporti ha messo il timbro a una mala pratica dei ciclisti in città: possono andare contro mano, a patto che le strade siano superiori a 4,25 metri (chissà da dove vengono quei 35 centimetri” e ci sia un limite di velocità di 30 chilometri orari. Ma avete mai visto le prove di crash a 30 chilometri all’ora? Già oggi i ciclisti sono un esempio di illegalità diffusa, sfrecciano sui marciapiedi più pericolosi dei motorini perché sono anche silenziosi, già oggi nessuno li ferma perché le biciclette non hanno targa e  i vigili rischiano due volte, di essere travolti o di finire nei guai perché l’incauto e illegale ciclista si fa male. Ora sarà il trionfo della follia. Non è che la moglie di qualcuno va in bicicletta anche lei?

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