Diffamazione: Luca Fazio del Manifesto deve pagare 20.320 euro a De Corato, ex vicesindaco di Milano

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 24 Ottobre 2012 - 18:29| Aggiornato il 13 Dicembre 2012 OLTRE 6 MESI FA
Il Manifesto

MILANO – Luca Fazio, giornalista del Manifesto in cassa integrazione, dovrà pagare 20.320 euro a Riccardo De Corato (Msi-An-Pdl), ex vicesindaco di Milano, per averlo diffamato in un articolo pubblicato il 25 gennaio 2009 dal titolo “Riprendiamo il Cox 18”. Una sanzione che, sebbene sia solo un quinto della pena massima prevista se entrasse in vigore la nuova legge sulla diffamazione a mezzo stampa, la cosiddetta salva-Sallusti, ha messo in crisi un quotidiano in difficoltà, il Manifesto, e un collega di Alessandro Sallusti che però versa in condizioni economiche molto meno confortevoli, vivendo con un mensile di 900 euro, quello che gli passa la cassa integrazione.

Fazio rischia che gli venga pignorata la casa per pagare De Corato, in un processo perso perché il Manifesto, preso da mille problemi patrimoniali, non si è presentato per difendersi ed è stato condannato in contumacia. Essendo il giornale in liquidazione coatta, il peso della condanna – i 20.320 euro – ricade tutto su Fazio. L’ufficiale giudiziario si è già presentato a casa del giornalista con l’ingiunzione di pagamento: la prossima volta scatterà il pignoramento dell’immobile. De Corato non recede dalla sua richiesta e il Manifesto ha lanciato una raccolta fondi per pagare l’ex vicesindaco in monetine:

Abbiamo fatto presente all’on. De Corato che la situazione era cambiata: non stava ottenendo il risarcimento da un suo avversario storico e “politico” come il manifesto ma da un singolo cassintegrato che prende, se va bene, 900 euro al mese. L’onorevole ha risposto in malo modo («me ne frego, me ne avete fatte troppe») e pretende il risarcimento immediato, senza aspettare il secondo grado di giudizio. Insieme a Luca e ai nostri legali (lo studio Fiore-de Crescienzo di Roma) continueremo a lottare in tribunale perché la sentenza sia prima sospesa e poi riformata. 

Purtroppo né noi né l’amministrazione controllata abbiamo 20mila euro. Ma rispettiamo la giustizia, e se la richiesta di sospensione della sentenza non andrà a buon fine, vogliamo dare all’on. De Corato i soldi che vuole immediatamente. 

Perciò ci serve il vostro aiuto, anche piccolo, affinché sia garantita la libertà del giornale. Alla fine della sottoscrizione trasformeremo il ricavato in moneta sonante, da consegnare all’on De Corato, aiutandolo, insieme ai lettori, a contare il suo risarcimento: centesimo dopo centesimo.

La storia è un esempio – molto più frequente dell’eccezionale falsità dell’articolo firmato da Dreyfus-Farina sotto la direzione di Sallusti – di quello che significa per un giornalista subire una causa per diffamazione. Ancora di peggio potrebbe succedere se passasse la nuova legge bavaglio.

La storia. Le forze dell’ordine sgomberano uno storico centro sociale di Milano, il Cox18, meglio conosciuto come “il Conchetta“. La città – come era già successo per lo sgombero del Leoncavallo – si mobilita e una manifestazione di 10 mila persone si “riprende” lo spazio occupato. Nel frattempo esce sul Manifesto il contestato articolo di Fazio. Scrive il Manifesto:

De Corato si è sentito diffamato perché l’articolista lo avrebbe individuato come mandante dello sgombero (invece uno sgombero è di competenza del prefetto), e per alcune affermazioni tipo «uomo socialmente pericoloso» e «il violento non ha il cappuccio, è il vicesindaco». 

Ecco quello che ha stabilito la sentenza: «In tale prospettiva, indipendentemente dalla condivisibilità della tesi proposta dall’autore, il testo in esame, anche in relazione allo specifico tema in discussione, non pare discostarsi dal requisito della verità, rappresentando non già la normale filiera di comando impartita per lo sgombero in questione, bensì la responsabilità politica dell’amministrazione del territorio ad essa sottesa. In tale ambito devono essere parimenti ricondotte le espressioni uomo socialmente pericoloso e il violento non ha il cappuccio, è il vicesindaco. Un provocatore, pure utilizzate nel testo. Invero, l’espressione socialmente pericoloso non può essere identificata, contrariamente a quanto allegato dall’attore, nella fattispecie penalistica disciplinata dagli art…; la critica politica cui deve essere ascritta la natura dell’articolo comporta che il termine debba essere correttamente inteso in senso politico-sociale, esprimendosi con esso un giudizio fortemente negativo in ordine all’impatto sociale provocato dalle iniziative politiche riconducibili alla figura del vicesindaco». 

Il giudice dice altro a nostro favore: «Ad analoga determinazione deve giungersi in ordine all’ulteriore definizione di uomo violento e provocatore, risultando la medesima collegata alla censurata, nella prospettiva dell’articolista, iniziativa di sgombero del centro sociale. In definitiva, anche tale espressione costituisce una manifestazione di critica politica che, per quanto corrosiva e stigmatizzabile, rientra nel novero dell’esercizio della libera manifestazione del pensiero politico». 

Allora, dov’è il problema? In poche righe che accennano allo slogan urlato contro De Corato durante il corteo, una parolaccia riservata al calciatore dell’Inter Materazzi: «… quella che gli ultras regalano all’avversario meno simpatico… ma lui non se la merita…». Per il giudice ne consegue che il cronista avrebbe lasciato intendere «che gli insulti erano invece adeguati e meritati per il personaggio politico…». Questo ci costa 20.320 euro. 

Senza voler scomodare trombonescamente la libertà di stampa, anche se in fondo di questo si tratta, è chiaro che un giornale come il nostro, se preso di mira, potrebbe perdere una causa al giorno. E chiudere. Noi non possiamo permettercelo. 

Chi vuole darci una mano può passare a trovarci, sia a Roma che a Milano, oppure imparare a memoria il codice IBAN: IT43H0306967684510324096294 (il conto è intestato a Luca Fazio). Causale: “Un centesimo ciascuno per risarcire De Corato”