Imu e Tares in matrimonio: nasce il mostro Isc. A fine anno fessi e contenti?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 3 Maggio 2013 - 15:30| Aggiornato il 7 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – C’era l’Imu e c’è ancora, ma va eliminata o almeno super tagliata. Altrimenti salta il governo. Silvio Berlusconi l’ha promesso. Però i oldi per eliminarla davvero l’Imu non ci sono. Allora si potrebbe farla sparire. Farla sparire senza eliminarla? Si può, si può…La si manda a nozze l’Imu con la Tarsu, la tassa sui rifiuti urbani che deve sparire anche lei. Anzi le nozze, il matrimonio vero si fa tra l’Imu e la Tares, l’erede della Tarsu, la tassa che paga tutti i servizi pubblici comunali e non solo i rifiuti. Così si brinda all’addio all’Imu. Berlusconi è contento. A prima vista contenti anche tutti i contribuenti. Ma poi, forse, a fine anno ci si accorge che si è…fessi e contenti. Perché Imu e Tares fuse costano quanto se non più di Imu e Tarsu che non ci sono più.

Che l’acconto Imu di giugno non si dovrà pagare è già un fatto. Un fatto annunciato dal premier Enrico Letta che prevede una veloce riformulazione della tassa sulla casa. Cancellarla certo, ma bisogna comunque far quadrare i bilanci. E perché non modificare anche la incombente Tarsu, la tassa sui rifiuti e servizi comunali vari? Eliminandole entrambe si potrebbe far nascere una nuova creatura, chiamata magari Isc (Imposta di Servizio dei Comuni), un “mostro” che le inglobi entrambe ma che non sia né l’una né l’altra. Certo con degli sgravi, delle esenzioni, altrimenti che cancellazione sarebbe. Un’ottima ricetta per fare il contribuente fesso e contento.

Scrive Mario Sensini sul Corriere della Sera:

“Dopo che il governo ha deciso la sospensione della rata Imu di giugno, si fa strada l’ipotesi di una riforma molto profonda dell’imposta, che potrebbe cambiare nome, abbracciare anche altri tributi come la Tarsu, ed essere rivista sia nella base imponibile che nelle aliquote. L’attuale imposta sugli immobili sarebbe trasformata in Imposta di servizio dei Comuni e, tra le prime cose, assorbirebbe anche la nuova tassa sui rifiuti. La Tares, rivista e corretta rispetto alla Tarsu e alla Tia, che dovrebbe debuttare alla fine di quest’anno e che vale circa un miliardo di euro annui. Anche la nuova imposta, come l’Imu da quest’anno e la futura Tares, sarebbe interamente a favore dei Comuni, che potrebbero, come nel caso dell’Imu, intervenire per modificare marginalmente le aliquote. (…) Naturalmente la nuova tassa dovrà trovare forme di applicazione diverse da quelle attuali dell’Imu, per evitare che l’operazione si traduca meramente in un aumento secco delle tasse da un miliardo laddove i cittadini invece si attendono l’alleggerimento delle tasse sulla casa”.

Cancellarla bisogna cancellarla. Ne va della tenuta del governo, col Pdl che ha già promesso che se l’Imu non sarà un ricordo lascerà l’esecutivo, e ne va della credibilità di Renato Brunetta che nel giorno del discorso di Letta alla Camera ai microfoni di Rai News ha giurato e dato la sua parola che l’odiata tassa sulla casa sarebbe stata abolita. Ma rinunciare ai 4 miliardi di gettito derivante dalla prima casa è per le casse e l’economia italiana cosa difficile e complessa. E anche l’Europa non sembra essere proprio felice dell’ipotesi, l’Imu la pagano anche loro, seppur con altri nomi, e non sono ben viste a Bruxelles le operazioni in deficit.

Come risolvere la cosa è quindi da subito diventato uno dei primi grattacapi del nuovo governo. E quale miglior soluzione di buttare l’Imu dalla finestra e farla rientrare dalla porta con un altro nome? Ovviamente nessuna. Elettori e alleati di governo, leggi Pdl e Brunetta, potrebbero festeggiare e mantenere la parola data e, contemporaneamente, i conti sarebbero salvi. Certo come scrive Sensini ci vorrebbe un maquillage per la nuova tassa. Nonostante Brunetta, quando si tratta di denari, sono gli italiani meno sciocchi di quel che si possa pensare. Se addio all’Imu dovesse significare più tasse, questo non sarebbe cosa gradita.

E allora si potrebbero aumentate le detrazioni per i figli a carico, oppure potrebbe essere introdotta una sorta di franchigia che esenti dal pagamento dell’imposta i proprietari che hanno i redditi più bassi. Il Pd ad esempio chiedeva di esentare dall’Imu chi paga fino a 4-500 euro di imposta, cosa che però vorrebbe dire esonerare l’80% dei contribuenti e rinunciare a quasi tre miliardi di gettito. Le forme e i modi sono tanti. In fondo la ricetta del “fesso e contento” in Italia è cosa nota.