“Celibato tradizione, no dogma”. Prima o poi i preti potranno sposarsi

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 11 Settembre 2013 - 14:57 OLTRE 6 MESI FA

preteROMA – “Non un dogma ma una tradizione, ragion per cui se ne può discutere” e, aggiungiamo noi, magari superare. E’, per usare le parole dell’arcivescovo Pietro Parolin, la tradizione del celibato per i ministri della Chiesa Cattolica. Celibato considerato obbligatorio per la Chiesa latina ma che tale non è per le Chiese, sempre cattoliche, ma d’oriente, e celibato che viene oggi per la prima volta messo forse in discussione. E’ infatti Parolin non un vescovo “qualsiasi”, ma il neo segretario di stato vaticano nominato da Papa Bergoglio. Una voce quindi più che autorevole.

Se sino a pochissimi anni fa i prelati che proponevano anche solo minime aperture non al superamento, ma al dibattito sull’obbligo del celibato per i preti si trovavano immediatamente isolati ed erano, nel migliore dei casi, voci fuori dal coro, le parole del neo segretario di stato Parolin sono il segnale che qualcosa è cambiato.

“I conventi vuoti devono servire per accogliere e non per diventare alberghi”, basterebbe l’ultima uscita di Papa Francesco per dare il segno di come il pontificato del Papa argentino sia un pontificato per la Chiesa di Roma rivoluzionario. Rivoluzionario nell’immagine di un Pontefice che gira fra la gente senza scorta, che cerca il contatto diretto con i fedeli, che come primo viaggio ufficiale sceglie di andare a Lampedusa. Ma rivoluzionario anche nella sostanza, dallo Ior alle questioni più strettamente “tecniche” come, appunto, il celibato.

Per dire che “anche i preti potranno sposarsi”, come cantava Lucio Dalla ne L’anno che verrà, è certamente ancora presto. Ma le parole di Parolin sono il segnale che la questione esiste e che anche il vescovo di Roma se ne interessa. E’ importante il fatto stesso che uno dei più stretti collaboratori di Bergoglio parli di “una grande sfida per il Papa”, poiché “egli possiede il ministero dell’unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla”. Che dica: “È possibile parlare e riflettere e approfondire quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio”. L’idea quindi di ripensare il celibato non è più un tabù a Roma ma è, al contrario, una questione praticamente all’ordine del giorno. Una riflessione è anzi verosimilmente già in atto. Quali che saranno gli esiti è da vedere. Il celibato potrebbe rimanere così com’è o essere abolito o, ancora, venir modificato. Il cardinale Carlo Maria Martini propose “la possibilità di ordinare viri probati”, ovvero “uomini sposati che abbiano esperienza e maturità”.

E lo stesso Bergoglio – come ricorda Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera – parlò del tema in un testo in cui afferma d’essere “pienamente convinto” che “il celibato vada conservato”. Ma dice anche che “se la Chiesa dovesse rivedere tale norma” non lo farebbe “spinta dalla scarsità” di vocazioni e comunque “non sarebbe una regola valida per tutti”: “Tratterebbe la cosa come un problema culturale di un luogo specifico, non in modo universale ma come un’opzione personale”.

Ricorda sempre Vecchi come, solo nel 2006, bastò che il cardinale Cláudio Hummes ponesse la stessa questione posta oggi da Parolin, perché dal Vaticano fioccassero precisazioni imbarazzate. Era stato appena nominato prefetto del clero e la cosa, si disse, gli costò un certo isolamento in Curia.

Ancor prima di Papa Francesco però fu Papa Benedetto ad aprire uno spiraglio verso una nuova interpretazione del celibato quando, nel 2009, istituì degli “ordinariati” per gli anglicani che tornavano nella Chiesa cattolica, compresi i sacerdoti sposati. Di per sé, non una novità assoluta: nella Chiesa cattolica esistono già dei preti sposati. La disciplina del celibato vale per la Chiesa latina, ma in quelle cattoliche orientali non c’è infatti obbligo. E ci sarebbe quindi la possibilità che in futuro si vada verso una doppia disciplina anche nella Chiesa latina. Magari con le stesse regole: solo i celibi possono essere vescovi.

Del resto come il neo segretario di stato vaticano ha sottolineato il celibato non è un dogma ma una tradizione e, per giunta, una tradizione non seguita da tutti e non sempre valida. Sempre sul Corriere della Sera, Armando Torno, traccia un breve excursus storico della tradizione del celibato:

“Si consiglia il celibato nelle Scritture, non lo si obbliga. Questa libertà fu seguita nei primi tempi della Chiesa. La disciplina in materia prende forma nel IV secolo nelle legislazioni conciliari; tuttavia, nel regolarla, Occidente e Oriente (dove era concesso a coloro che non sentivano la vocazione del celibato di usare i loro diritti coniugali) si dividono. Le storie indicano come prima legge in materia il canone 33 del Concilio di Elvira (intorno al 300), il quale obbligava gli ordinati in sacris alla continenza assoluta; inoltre, nel concilio romano del 386, papa Siricio promulgava una norma analoga, con l’intenzione di diffonderla in tutta la Chiesa latina. Il problema è più complesso di quello che oggi sembra: la Chiesa latina ha sempre scelto i preti tra coloro che erano celibi; quella orientale, invece, ha mantenuto la possibilità di trovarli anche tra gli sposati. Ma soprattutto il tema del celibato si presenta — evidenzia Gianantonio Borgonovo, biblista e arciprete del Duomo di Milano — “per la celebrazione dell’eucarestia”. Nella tradizione orientale rimaneva un evento settimanale, in quella occidentale dopo l’VIII secolo si andava normalizzando come appuntamento quotidiano. Siccome “nella prassi della Chiesa non si avevano rapporti il giorno precedente la celebrazione eucaristica, si capisce come la tradizione occidentale si sia sempre più orientata a scegliere i propri ministri (eccetto i diaconi) tra coloro che avevano fatto la scelta della verginità”. Fu soltanto con il Concilio di Trento (XVI secolo) che il celibato ecclesiastico divenne effettivamente obbligante e vincolante per tutti i ministri ordinati nella Chiesa latina (l’orientale ha, invece, mantenuto la prassi antica)”.

I tempi però cambiano e con essi, a volte, anche le tradizioni.