Fiat lascia l’Italia e fa bene: il mondo non si fida di noi

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 2 Agosto 2014 - 09:43 OLTRE 6 MESI FA
Fiat lascia l'Italia e fa bene

L’ad di Fiat, Sergio Marchionne (Foto Lapresse)

TORINO – Giuseppe Turani ha scritto questo articolo per il sito della rivista Uomini & Business da lui fondata e diretta.

E così la Fiat diventa FCA, porta la sede legale in Olanda e quella fiscale a Londra. In Italia, invece di salutare la cosa con applausi e giubilo, si leggono molte critiche: la Fiat abbandona l’Italia, poveri noi. Si tratta di una manifestazione di provincialismo che spiega molte cose, compreso il nostro essere ormai fra i paesi più arretrati d’Europa.

Gli elementi positivi sono infatti tanti:

1- La Fiat, che qualche anno fa era praticamente fallita, persa, adesso diventa per la prima volta negli oltre cento anni della sua storia, una vera multinazionale. E già questo meriterebbe qualche applauso.

2- Il gruppo punta a produrre nel giro di qualche 5-6 milioni di automobili. In sostanza punta a essere fra i tre-quattro players mondiali che sopravvivranno al processo di concentrazione che ci sarà.

3- Scelta importante, e inevitabile, quella di diventare una multinazionale con accesso ai mercati mondiali, perché nei prossimi anni le vendite di auto in Italia rimarranno, purtroppo, molto stagnanti. La decisione di andare all’estero è quindi la decisione che salverà la Fiat e che eviterà la vendita a qualche gruppo straniero più forte. Semmai, se a questo si dovesse arrivare, nel giro di qualche anno la Fiat sarà in grande di trattare alla pari con gli eventuali partners.

4- Però porta la sede legale a Londra e quella fiscale in Olanda. Fa esattamente quello che fanno tutte le multinazionali: cerca cdi mettersi nelle condizioni migliori per pagare meno tasse. Ma lo fa alla luce del sole e approfittando delle leggi vigenti. Non è colpa della Fiat se l’Italia continua a avere un sistema fiscale barbarico e non riesce a essere competitiva su questo terreno (o almeno allineata) con gli altri paesi europei.

5- La sede legale a Londra, peraltro, è stata chiesta dai futuri investitori di Wall Street (dove la FCA verrà quotata), che evidentemente non si fidano del sistema giudiziario italiano. Come dare loro torto? Visto che siamo un paese con 5 milioni di cause civili arretrate?

6- La FCA ha promesso che gli stabilimenti italiani resteranno e che, anzi, si prevede di tornare alla piena occupazione. Speriamo. Va detto, comunque, che oggi FCA è uno dei pochi grandi gruppi che ancora investono in Italia.

Ma qui ci sono solo mugugni e lamentele. Solo perché la Fiat cessa di essere un’azienda provinciale e diventa finalmente una grande multinazionale.

La delusione di politici e sindacalisti deriva probabilmente dal fatto che la Fiat non ha chiesto niente a nessuno, ha fatto tutto con le proprie forze (e un po’ di soldi prestati da Obama, non dal governo italiano, che ha invece finanziato altre scemenze). E il fatto di non dovere niente a politici e sindacati, e di essere ben radicata all’estero, lascia immaginare che non sarà tanto ricattabile. Anzi, forse non lo sarò per niente.

Un’ultima cosa. La Fiat, si dice, negli anni passati è stata molto aiutata dallo Stato e adesso se ne va: ingrata. Questo è un discorso pidocchioso.

Tutti gli Stati, quando possono, aiutano le loro imprese automobilistiche. E non per bontà d’animo o per chissà quale altra ragione, ma per il semplice fatto che quella dell’auto è ancora una delle poche industrie a alta intensità di lavoro: sono decine e decine di migliaia di stipendi che ogni mese corrono.

La Fiat, insomma, ha ricevuto qualche aiuto, ma in cambio ha distribuito centinaia di migliaia di stipendi.

E, qualche volta, si è anche piegata negli anni passati alle richieste dei politici: lo stabilimento di Melfi, ad esempio, doveva nascere all’estero, dove c’erano condizioni migliori e più economiche. Ma i politici scongiurarono la Fiat di trovare una localizzazione al Sud. E alla fine fu  scelta Melfi, in cambio di qualche aiuto.

Niente di tragico, niente che non sia abituale nel rapporto fra governi e industria dell’auto.

Ma questo è un paese di fregnoni un po’ ignoranti. In mancanza di altro, si spara sulla Fiat, quasi sempre a sproposito. Invece di applaudire allo scampato pericolo (libri Fiat in tribunale), si mostrano in giro musi lunghi e si protesta.

Ancora una volta un’occasione per capire qualcosa è stata persa. Ma questo paese quando maturerà?