Genova, parroco nega il Natale: don Luigi Farinella negò anche la Madonna della Guardia

di Franco Manzitti
Pubblicato il 28 Dicembre 2017 - 06:24 OLTRE 6 MESI FA
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Genova, parroco nega il Natale: don Luigi Farinella negò anche la Madonna della Guardia

Un prete, anzi un parroco genovese, che nega il Natale, non ne celebra la veglia, il rito liturgico e allunga il suo negazionismo al giorno di Capodanno e, già che ci siamo, a quella sventurata della Befana, che, carica di carbone e gerle di doni, per lui non arriva il 6 gennaio. Niente Natale, niente Messa di mezzanotte o in altro orario prefestivo o festivo, niente Capodanno, niente Epifania che vuol dire manifestazione.

Qui, nella chiesa di San Torpete, nel gioiello genovese di piazza San Giorgio, niente di tutto questo: non si manifesta niente. Chiesa chiusa. Sono salvi solo i riti domenicali. Ma quest’anno né Natale, né Capodanno, né l’Epifania, cadono di domenica.

Il parroco, don Paolo Farinella, lo ha annunciato e scritto proprio il giorno della Vigilia sulle colonne dell’edizione ligure di “Repubblica” , cui collabora da anni.

Qualche tempo fa questo sacerdote dalla lunga carriera, culminata anche in un periodo di studio a Gerusalemme, aveva anche negato le apparizioni della Madonna della Guardia sul monte Figogna alle spalle di Genova e il relativo culto molto popolare e diffuso in un Santuario che attira pellegrinaggi e suscita grande devozione e la posa di ex voto.

Secono il prete genovese non ci sono mai state apparizioni e miracoli da attribuire alla Madonna della Guardia, a suo avviso frutto di un’invenzione “turistica” per attirare fedeli, messa in campo dalla chiesa genovese nel secolo diciottesimo.

“Perchè rinuncio a celebrare la messa il giorno di Natale” _ è il titolo del lungo articolo che motiva oggi la scelta “rivoluzionaria” di questo sacerdote, non certo alla prima performance clamorosa nell’esercizio della sua funzione di pastore delle anime ed anche di rispettabile studioso della Bibbia e di “fiancheggiatore” politico di molte iniziative, nell’arco di un impegno che non è certo solo quello ecclesiastico. Forse ispirato dalla posizione severa di papa Francesco, che ha criticato i “riti” pagani del Natale e nelle sue recenti catechesi ha sottolineato come un Natale senza la celebrazione della reincarnazione del Figlio di Dio sia privo del vero spirito della Festa, Farinella ha portato alle estreme conseguenze il monito del santo Padre.

Il “negazionista di Natale” spiega dolente, e anche un po’ incavolato, che da quando celebra la messa ( e sono 46 anni) è convinto che il Natale vada abolito. In realtà si spinge più in là, negando non solo Natale, ma anche tutta l’azione della Chiesa di oggi.

“La mia posizione è più drastica: chiudere le chiese per dieci anni (minimo) _ scrive _ e pensare se sia possibile una rifondazione del Cristianesimo a boccie ferme, ridefinendo la natura della Chiesa e i ministeri, indipendetemente dal sesso, dal genere e dalle condizioni accessorie.”

Farinella, a Genova noto polemista, che scrive anche su Micromega, e partecipa volentieri a campagne elettorali politiche, accusa il declino della Chiesa, continuo e inarrestabile e sceglie, fior da fiore, un esempio ligure: quello della diocesi di Albenga, dove il vescovo emerito, Mario Oliveri, rovesciò lo spirito santo dell’ episcopato del suo predecessore, Alessandro Piazza, grande esegeta del Concilio Vaticano II, spingendo la sua diocesi verso un conservatorismo ossessivo, conservatore, maniacale e comico.

Che la periferica, anche se dirompente, disputa di Albenga sia assurta a simbolo del declino della Chiesa in generale a Genova, in Liguria, nel mondo, sembra un po’ paradossale. Se poi si arriva da questa lite a innescare oggi la negazione del Natale, diventato _ secondo l’inarrestabile Farinella _ “una favoletta da presepe, una ninna nanna con zampogne, supporto di un’economia capitalistica e consumista……” il caso viene portato alle estreme conseguenze.

Sempre secondo l’audace e scatenato parroco di san Torpete nel nostro Natale l’ unico assente e pure superfluo è proprio Gesù, perchè Natale è tutto meno che “il memoriale dell’incarnazione del Figlio di Dio.”

Una posizione così estrema, totale, negazionista, corollario dell’idea di chiudere la chiesa per dieci anni (minimo), susciterà sicuramente reazioni e anche un po’ di scandalo, che forse è proprio quello che Farinella vuole, essendo stato la ricerca della provocazione il filo della sua vocazione sacerdotale.

Come se, nello specifico, la natura consumistica, edonistica, superficiale, perfino qualche volta blasfema della celebrazione del Natale non fosse mai stata scoperchiata. Come se il Natale non fosse celebrato e vissuto anche senza ninne nanne e zampogne, ma pure con lo spirito di quella reincarnazione sulla quale si fonda non solo la liturgia della chiesa, ma anche l’approfondimento di chi ha studiato Gesù da tante posizioni, anche molto più laiche se non atee.

Si vada a leggere, Farinella, l’ultimo libro del laicissimo filosofo Massimo Cacciari sulla venuta al mondo del Figlio di Dio. E magari mediti sui settemila poveri che il giorno di Natale trovano, nelle chiese aperte, quelle sì a Genova, cibo e non solo, là dove lui vorrebbe chiudere tutto per dieci anni (minimo).

Ma forse ci si sbaglia a sottolineare questo negazionismo genovese del Natale, pubblicato su Repubblica, a ricordarlo e spiegarlo a chi non se ne è accorto, a raccontare dell’ultimo gesto di don Paolo Farinella. Parlandone si fa un piacere a lui, che probabilmente da sempre cerca questo: pubblicità per se stesso, la sua ninna nanna, la sua zampogna da suonare.