Alitalia, Berlusconi disastro…umano. Gli altri insistono diabolici

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Ottobre 2013 - 16:16 OLTRE 6 MESI FA
Alitalia, Berlusconi disastro...umano. Gli altri insistono diabolici

Alitalia (LaPresse)

ROMA – A disastrare Alitalia Berlusconi non c’è più, ma gli altri, gli Zanonato, i Lupi, le Cgil, le Poste…bastano e avanzano. A rifare lo stesso disastro. Lo stesso, proprio lo stesso. Solo su scala minore di quel che produsse Berlusconi. Minore perché hanno meno soldi da disastrare e non si se questa penuria sia un’indulgenza della provvidenza oppure un infierire del caso.

Basta leggere ogni giornale, proprio ogni giornale d’ogni tendenza, convinzione e umore per sapere senza ombra di dubbio che i 500 milioni di euro che vengono oggi concessi ad Alitalia sono sostanzialmente denaro pubblico e, quel che è peggio, sono medicina che serve solo a…morire un po’ più in là, tra sei mesi circa. Denaro sostanzialmente pubblico perché è risibile anzi comica la precisazione di Poste secondo cui i milioni che Poste mette in Alitalia non sono quelli dei correntisti di Poste Italiane. Già, perché Poste Italiane come li fa i milioni? Denaro sostanzialmente pubblico perché gli azionisti privati di fatto non metteranno di tasca loro neanche un euro, saranno le banche farlo in loro nome e conto.

Denaro pubblico per sostenere Alitalia e di per sè non sarebbe scandalo e/o bestemmia. Se non fosse la seconda, terza, quarta, decima volta. L’ultima in ordine di tempo fu cinque anni fa quando di denaro pubblico in Alitalia furono messi in varie forme dai tre ai cinque miliardi di euro, più o meno un miliardo l’anno. Se non fosse che il denaro pubblico viene regalato, erogato a chi continua a fare dell’Alitalia una cosa che perde un paio di milioni di euro al giorno.

Se per salvare l’occupazione di chi ci lavora Alitalia deve diventare pubblica che lo diventi, lo Stato entri diretto e diritto in Alitalia. Così come il governo statunitense ha fatto nell’industria automobilistica americana. Lo Stato con i soldi pubblici rileva azienda fallita, le impedisce di chiudere, salva i posti di lavoro, cambia l’azienda e poi dall’azienda esce vendendola a privati che la pagano davvero perché ci guadagnano. Da noi no, da noi non funziona così.

Da noi i soldi pubblici arrivano e vanno nella graziosa disponibilità degli azionisti che hanno portato l’azienda al fallimento. Lo Stato mette i soldi ma non esige che i vecchi azionisti se ne vadano, anzi li aiuta a restare. Si danno i soldi pubblici perché continuino a perderli. Restano gli azionisti di prima, restano i “piani industriali” di prima, quelli che non funzionano e non hanno funzionato. Resta l’organizzazione del lavoro e il lavoro di prima, quelli che condannano insieme al progetto industriale di prima ‘Alitalia da avere una sola funzione sociale: chiedere soldi pubblici una volta l’anno.

Cinque anni fu Berlusconi è stato il principe cantore del disastro: tronfio e improprio nazionalismo, imprenditori senza un euro e volenterosi solo per ingraziarsi governo e banche, banche impelagate in crediti quasi inesigibili che però vogliono copertura statale, azionisti che vorrebbero solo scappare, piano industriale che non funziona, sindacati custodi del piano industriale che non funziona. Cinque anni fa Berlusconi suonava la musica, dirigeva l’orchestra e la Cgil ballava porgendo il piattino per l’offerta. Adesso Berlusconi non suona più, ma l musica è la stessa. La suona con memo grancassa ma identiche note il governo Letta-Alfano, la suonano i ministri Sviluppo e Trasporti e la suonano i sindacati. Occorre farsene una ragione: non è una umanissima Italia che “sbaglia” per far bene, è una diabolica Italia che insiste e persiste perché non sa e non vuole far altro che il solito disastro.