Resa del riccometro, trionfo dei finti poveri. Sbafo libero nel Welfare

di Lucio Fero
Pubblicato il 1 Febbraio 2013 - 14:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Del cosiddetto “riccometro” non se ne farà più nulla, il governo si è arreso e i partiti sono passati armi e bagagli dall’altra parte, dalla parte dei finti poveri. I partiti, tutti i partiti, conoscono i loro polli. E in campagna elettorale sanno fare i loro calcoli. Cosa vale e pesa di più, la rabbia dei finti poveri disturbati ed eventualmente stanati o la riconoscenza dei contribuenti onesti che non barano quando chiedono sconti sui farmaci, sulla sanità, sugli asili nido, sui libri scolastici, le bollette della luce, del gas..? La risposta è stata unanime e univoca: conta, pesa di più la rabbia dei disturbati ed eventualmente stanati mentre barano. Quindi niente “riccometro” per carità di voto e di patria. E, siccome i partiti conoscono i loro polli e sanno far di calcolo e poiché in tema di “riccometro” e “redditometro” la gente è con loro, con i partiti e loro sono con la gente, se ne può dedurre che sono numericamente più i finti poveri che barano, più di quanti non siano i contribuenti onesti che non arraffano e “grattano” nella borsa dello Stato sociale.

Già battezzarlo “riccometro” era stata una brillante trovata per dare al provvedimento una patina di insopportabile antipatia. “Riccometro“, qualcosa che viene a misurare quanto sono “ricco” e si sa invece dell’assoluto amore che gli italiani nutrono per la privacy…dei loro soldi. In realtà il “riccometro”, il defunto “riccometro”, non veniva a chiedere proprio niente a nessuno. Era, è il cittadino contribuente che va a chiedere allo Stato e alla collettività di pagare l’asilo nido, la mensa scolastica, le tasse universitarie e le bollette meno degli altri. Meno degli altri cittadini perché lui è a reddito basso ma così basso che è praticamente povero.

I cittadini dichiarano di essere poveri e pagano di meno. Chi controlla se sono davvero poveri? Di fatto nessuno. C’è uno strumento che si chiama Isee (Indicatore della situazione economica prevalente). Con lo’Isee si dovrebbe misurare se sei povero o finto povero. Ma l’Isee ha maglie molto larghe, non conteggiava nella “situazione economica” tutti i redditi reali di chi chiede le agevolazioni. E quindi era, anzi è tutto un fiorire di mamme con il Suv che fanno a prendere la prole a scuola, quella scuola dove le stesse mamme con annesso papà sono esentate dal pagare la mensa dei bimbi o la pagano a metà per dichiarata povertà.

Contro quello che ti frega dichiarandosi povero e non lo è si sono indignati in sequenza cittadini, quotidiani, talk show. Tutti indignati, ci mancherebbe altro. Quindi serviva uno strumento di controllo, uno strumento che comincia a funzionare solo quando sei tu contribuente a chiedere di pagare meno degli altri. Questo strumento che avremmo dovuto chiamare lo “anti sbafometro”, l’abbiamo invece chiamato “riccometro”. E’ stato il primo passo per condannarlo a morte, alla sepoltura precoce. E infatti puntuale c’è stata la resa del “riccometro”, cioè il trionfo dei finti poveri, cioè degli esenti a sbafo. Perché questo vuole la campagna elettorale, questo vogliono quindi i partiti, questo esige la gente. Gente dove gli esenti a sbafo contano e pesano più degli altri, la resa del “redditometro” ne è la conferma matematica.