Grillo, Berlusconi e Bersani regalano nuove elezioni e altri disoccupati

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 15 Marzo 2013 - 15:07| Aggiornato il 7 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA- Beppe Grillo ha “postato” la foto dell’apriscatole simbolicamente e vezzosamente poggiato sui banchi del Senato della Repubblica. Una specie di “in hoc signo vinces”: la firma, il segno della giornata secondo Grillo e tutto M5S, neo eletti a decine e neo elettori a milioni. “Aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno” era stato il ritornello della campagna elettorale, alla vigilia del primo giorno della legislatura Grillo chiudeva il cerchio: “Meglio il salto nel buio che…”. Che qualunque altra cosa non sia lo smontaggio del sistema che c’è, la cancellazione dei partiti che ci sono. Insomma, spiegava il neo capogruppo M5S al Senato Vito Crimi, né più né meno che “la rivoluzione”. Pacifica e democratica aggiungeva, ma “rivoluzione” prima di tutto e meglio di tutto e sopra tutto.

Avendo la rivoluzione, la cancellazione, lo smontaggio come obiettivo e missione, Grillo e tutto M5S non faranno accordi e non produrranno intese con nessuno se non con se stessi. Ne verrebbero, dicono, irrimediabilmente contaminati. E soprattutto accordi e intese “frenerebbero” (parola scelta da Crimi) la rivoluzione, lo smontaggio, la cancellazione dei “pessimi” che c’erano prima e che ci sono ancora. Quindi M5S stupisce e stupito respinge l’obiezione secondo la quale così facendo peggiorano la situazione impedendo a chiunque di governare, perfino a se stessi. Fieramente M5S controbatte: con quale faccia ci volete responsabili, responsabili noi dopo che gli altri ci hanno portato fin qui? L’argomento appare in prima battuta di acciaio puro. Però se ti ci siedi sopra, se ne saggi la consistenza di un simile argomento, allora l’acciaio si fa luminosa, levigata, lucidata…latta.

Il MoVimento, la sua rappresentanza parlamentare, il suo portavoce, il suo ideologo, tutti insomma puntano, con cuore e intelletto in sintonia, a far governare, poco e male, qualcun altro, chiunque sia. Farlo governare poco e male e poi andare a nuove elezioni: questa la strategia. Tutt’altro che segreta, anzi esposta, gridata, spiegata. Nel frattempo, che si torni a votare a giugno o ad ottobre 2013, i disoccupati italiani da tre milioni saranno diventati…Tre milioni e duecentomila? Tre e trecentomila o tre milioni e mezzo ? Il dubbio è sul quanto saranno cresciuti i disoccupati, la certezza è che cresceranno di numero. Così come è purtroppo certo che, senza un governo vero, forte e non a scadenza ravvicinata, non ci sarà maggior credito delle banche aziende e alle famiglie. E per convincere con le buone o con le meno buone l’Europa a non impiccare l’Italia ai piloni del deficit se lo Stato italiano comincia a pagare almeno una parte dei suoi 100 miliardi di debiti con le aziende, non ci vuole un governo qualunque, un governo minimo di chiunque.

Ma di chi governa di qui alle prossime elezioni Grillo e M5S francamente se ne fregano. Altra è la loro missione. E se il perseguimento della missione principale ha come effetti collaterali altri disoccupati e altre aziende che chiudono. il MoVimento dirà come dicevano quei salvatori di anime che impartivano assoluzione e benedizione ai morenti, talvolta anche infedeli, talvolta anche infedeli fatti fuori dai veri credenti: l’importante è salvare l’anima, se questa è salva che il corpo muoia pure.

A suo modo, che è tutt’altro modo da quello di Grillo, di chi governa di qui alle prossime ravvicinate elezioni se ne frega anche Berlusconi. Se ne frega, con una sola eccezione. Un solo punto vuole sia chiaro: chi governa e chi va a fare il Presidente della Repubblica deve, secondo Berlusconi, “salvare il soldato Silvio”. E’ questa la missione del Pdl, dei suoi parlamentari, del leader. Governi il Pd, se salva il soldato Silvio. Il Pd si elegga con Monti un capo dello Stato, se salvano il soldato Silvio. Se salvano il soldato Silvio, se garantiscono che nessuno “farà la fine di Craxi”, allora quel governo e quel presidente della Repubblica potranno anche avere i voti del Pdl. O il Pdl potrà uscire se serve dall’aula del Senato. O comunque il Pdl farà quel che serve, se si salva il soldato Silvio. In caso contrario, che vada giù e precipiti tutta la baracca: elezioni subito per essere più veloci dei processi e delle sentenze. E dei disoccupati in più e delle aziende in meno? Disoccupati chi? Aziende che?

Al contrario dei primi due Bersani è fortemente interessato a chi governa di qui alle prossime ravvicinate elezioni. Tanto interessato da voler tentare di tenere lui il volante di un’auto che non partirà: il governo Bersani appunto. Tanto interessato da aver smarrito negli ultimi giorni pudore e intelletto: l’epistolario con Celentano, l’ipotesi di votare un “grillino” presidente della Camera e insieme aprire la strada a un governo istituzionale, niente meno che un governo Finocchiaro grazie alla benevolenza Pdl al Senato. Tutto e il contrario di tutto e tutto insieme: farsi “grillini”, scegliere quella direzione e identità anche se alleanza no perché Grillo non vuole e insieme sostenere il peso di un governo poggiato sia pur di traverso su Berlusconi e guidato da un nome nuovo che già scalda i cuori delle masse: Anna Finocchiaro. Al Pd sono storditi, “intronati” ma non nel senso della cerimonia che attende Papa Francesco. Al Pd hanno come prima ansia e angoscia quella che non arrivi Matteo Renzi a rilevare “la ditta”. Al Pd vogliono sbattere la testa con il governo Bersani che non si fa, con i governi Finocchiaro che chi sa se si faranno e comunque sarebbero fuscello in tempesta.

Sbattere la testa due volte contro il muro e poi sfasciarsela definitivamente in elezioni a giugno, presto e di corsa per arrivare prima di Renzi e ancora con Bersani leader, magari alleati di nuovo con tutta la sinistra che non becca un voto perché li ha presi tutti Grillo i voti degli alternativi, indignati, operai, cassintegrati. E i disoccupati che aumentano e le aziende che diminuiscono? Non chiedetelo al Pd: che ci può fare? Mica si può alleare con Berlusconi!

Quindi Grillo, Berlusconi e Bersani ciascuno a suo modo e in fiera differenza e forte contrasto tra loro comunque ci stanno facendo un comune regalo: nuove elezioni e altri disoccupati. Hanno cominciato alla Camera e Senato: tutte quelle schede bianche del primo giorno sono una bandiera bianca di resa che il paese già sventola. Che poi ci siano le cinque stelle in campo non muta la natura e il senso della bandiera: bianca, resa. Ce lo siano democraticamente voluti il regalo e storicamente lo meritiamo. Un paese convinto che il problema sia l’Imu, un paese che rimuove, non vuol sapere e sentire che produce poco e male e spende troppo e peggio, un paese che non vuol letteralmente domandarsi cosa ci sta a fare al mondo, un paese affascinato dal “calcio in culo” non solo alle caste ma al mondo, un paese così regali così se li merita. Infatti li sta avendo da anni e continuerà a riceverli.