Pietro Orlandi, il Papa non lo vuol vedere, il legale della vedova De Pedis lo querela, il 22 giugno si avvicina

Pietro Orlandi, il Papa non lo vuol vedere, il legale della vedova De Pedis lo querela, il 22 giugno si avvicina: 39 anni fa sparì Emanuela, mistero mai risolto

di Pino Nicotri
Pubblicato il 12 Giugno 2022 - 08:57 OLTRE 6 MESI FA
Pietro Orlandi, il Papa non lo vuol vedere, il legale della vedova De Pedis lo querela, il 22 giugno si avvicina: 39 anni fa sparì Emanuela, mistero mai risolto

Pietro Orlandi, il Papa non lo vuol vedere, il legale della vedova De Pedis lo querela, il 22 giugno si avvicina: 39 anni fa sparì Emanuela, mistero mai risolto

Mistero Orlandi. Solita preparazione da parte di Pietro Orlandi del nuovo “botto” in vista del 22 giugno, 39esimo anniversario della misteriosa scomparsa della bella ragazzina vaticana Emanuela Orlandi.

Questa volta però la preparazione è inciampata in un imprevisto. Anzi, due: il rifiuto di Papa Francesco di ricevere Pietro e una querela presentata contro di lui da un avvocato. Ma andiamo per ordine.

Primo. Papa Francesco ha risposto “No” alla lettera inviata da Pietro Orlandi il 28 novembre scorso per chiedergli un incontro, con tanto di famiglia e avvocatessa Laura Sgrò, per illustrargli “l’attività di indagine svolta su Emanuela”. Attività che secondo la missiva avrebbe fruttato “nuovi elementi che potrebbero permettere di accertare la verità” sulla scomparsa della ragazza.

Papa Francesco ha risposto picche, sia pure in modo garbato: se ci sono elementi nuovi che siano comunicati non a lui, che non si occupa certo di indagini giudiziarie, ma, ovviamente, alla magistratura vaticana.

Papa Francesco: Pietro Orlandi si rivolga alla magistratura

“Faccio seguito alla lettera del 28 novembre, con la quale ella informava circa l’attività di indagine svolta su Emanuela e su alcuni nuovi elementi in suo possesso, mai emersi, che potrebbero permettere di accertare la verità. Il comune interesse di voler fare luce sul caso ha orientato da sempre la nostra azione e pertanto sarebbe opportuno che tali elementi siano condivisi con il tribunale dello Stato Vaticano”. Questa la lettera di Papa Francesco.

Nonostante le pressioni sul tribunale e gli auspici presso la Segreteria di Stato da parte della Sgrò, legale di Pietro Orlandi, specialista in diritto familiare e abilitata a operare in Vaticano nelle cause di lavoro, Papa Francesco non ha modificato il proprio no. E con i suoi collaboratori è sbottato indignato.

“Figuriamoci se mi lascio trascinare in una caso di cronaca nera. Che per giunta da decenni alimenta solo false piste, veleni, scandalismi, insinuazioni, misteri di tutti i tipi, polemiche e accuse campate per aria. Ma come gli è venuta in mente questa strampalata idea!”.

Da notare che i “nuovi elementi” millantati nella lettera al Papa consistono sempre e comunque nella fissazione che Emanuela sia stata sepolta all’interno del Vaticano, per la precisione nel cimitero Teutonico nella tomba della principessa Joana Sofia de Hohenlohe-Langemburgo, morta nel 1743.

Due tombe vuote, niente cadavere di Emanuela Orlandi

Tomba che quando il Vaticano l’11 luglio 2019 per far contento Pietro Orlandi ha deciso di aprirla si è rivelata vuota, come quella affianco aperta dal Vaticano per maggiore sicurezza. Vuota e con una specie di camera sottostante in cemento, vuota anch’essa. Tanto è bastato per scatenare Pietro e i suoi fans di Facebook nella convinzione che la tomba e la “misteriosa” camera sottostante erano vuote perché il Vaticano aveva rimosso il cadavere di Emanuela.

E’ stato invece appurato che quella e altre tombe vicine erano vuote sia perché dopo un certo numero di anni le ossa vengono rimosse e conservate nell’ossario generale sia perché erano state spostate quando a metà del secolo scorso è stata costruita una palazzina a immediato loro ridosso.

E che il “misterioso” vano sottostante altro non era che un accorgimento per far funzionare meglio il collegamento tra le fogne vaticane e gli scarichi delle acque reflue e dei servizi igienici della nuova palazzina costruita nel 1965 a ridosso del cimitero. La contiguità ha imposto la risistemazione, e lo svuotamento, quanto meno delle tombe sul lato adiacente al palazzo in costruzione.

Inoltre le analisi delle ossa dell’intero ossario escludevano ci fossero ossa meno vecchie di oltre un secolo, mentre Emanuela è scomparsa solo 39 anni fa.

Emanuela Orlandi sepolta in via Po? Balle

Da notare infine che la lugubre pista teutonica arriva dopo il grottesco fallimento di un’altra pista, che voleva Emanuela sepolta in via Po a Roma nella nunziatura apostolica, cioè dell’ambasciata vaticana.

Pietro Orlandi ha dichiarato che la sua fonte vaticana sulle ultime “piste”, nunziatura e Teutonico, è monsignor Viganò. Forse questi penosi scivoloni hanno una spiegazione. Vigano è uno dei più acerrimi nemici di Papa Francesco, tanto da averne chiesto due volte le dimissioni. Nel 2018 con l’accusa di avere  protetto un cardinale statunitense pedofilo e nel 2019 addirittura “per paganesimo”. Insistere a mettere in giro voci tanto pesanti quanto infondate su Emanuela e annesse responsabilità del Vaticano – sia per la fine della ragazza sia per voler nascondere “ciò che il Vaticano sicuramente sa” – significa di fatto nuocere ulteriormente a Francesco. Come dice il proverbio, “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà”.

Una querela per Pietro Orlandi

Secondo. L’avvocato Maurilio Prioreschi ha querelato Pietro Orlandi perché gli ha attributo, inventandosela per iscritto su Facebook, una grave scorrettezza professionale. Prioreschi è stato il legale di Carla Di Giovanni, deceduta due anni fa, vedova di Enrico De Pedis. Vedova cioè del supposto “boss della banda della Magliana”.

Pietro Orlandi, da molti anni convintissimo che a fare sparire Emanuela sia stato De Pedis su incarico di qualche prelato vaticano, ha scritto di avere incontrato Prioreschi per chiedergli un colloquio  con la sua cliente. E di esserselo visto negare con parole e gesti che dipingevano la Di Giovanni come una specie di matta. Una persecuzione quella mandata avanti da giornali, televisioni, film e libri contro De Pedis che ha certo nuociuto alla salute della Di Giovanni, accelerandone la fine dovuta a un tumore a un rene.

Nella querela Prioreschi ha scritto che in un post del 14 maggio su Facebook Pietro Orlandi “sosteneva, tra l’altro, di avere parlato con la signora Carla Di Giovanni e che, in tale circostanza, quest’ultima lo avrebbe messo al corrente di alcuni suoi presunti incontri con un colonnello della Gendarmeria Vaticana”. Affermazione secondo Prioreschi totalmente falsa perché la sua assistita “non ha mai incontrato Orlandi”. 

Un post su Facebook

La querela fa riferimento anche a un post, sempre su Facebook, del 18 maggio nel quale l’Orlandi dopo avere specificato di “non avere mai incontrato di persona la signora Di Giovanni” aggiungeva che “nel 2012 chiesi al suo avvocato se potevo incontrarla e lui me lo sconsigliò, dicendomi che aveva un carattere un po’ particolare e non era il caso di incontrarla, facendomi dei gesti con la mano come per dirmi è un po’ instabile”.

Prioreschi accusa Pietro Orlandi di ricostruzione “del tutto inverosimile” e “oggettivamente falsa”:  “rappresenta il sottoscritto come un legale che interloquendo con un terzo (anzi, con una controparte, almeno potenziale), in spregio di qualsivoglia elementare regola professionale, avrebbe espresso apprezzamenti negativi sulla stabilita’ mentale della propria cliente. Quel giorno non vi fu alcun colloquio ‘privato’ tra me e Orlandi che sarebbe avvenuto, oltretutto, in violazione delle regole deontologiche, che impongono ad un legale di non avere contatti diretti con la controparte”.

Il gruppo Facebook di Pietro Orlandi citato nella sua querela dall’avvocato Prioreschi è il seguente:  petizione.emanuela@libero.it – Gruppo ufficiale fondato da Pietro Orlandi . Contiene da anni una marea di insulti, insinuazioni, accuse e calunnie contro Papi e  prelati vaticani ritenuti a conoscenza di cosa è successo a Emanuela, ma dediti all’omertà più assoluta. E contro magistrati italiani e vaticani rei di essersi venduti al Vaticano. Ma anche contro giornalisti che “difendono De Pedis grazie ai suoi soldi”.

Nessuno ha mai sporto denuncia perché tutti contrari, soprattutto in Vaticano, “a fare pubblicità a Pietro Orlandi, che fa di tutto per essere querelato e restare così sotto le luci della ribalta”. Però ora che l’avvocato Prioreschi ha rotto il muro dell’indifferenza non è escluso che possano arrivare altre querele.

Insomma, il solito “botto” annuale del 22 giugno forse ci sarà, sì, ma potrebbe essere ben diverso da come se l’immagina Pietro Orlandi.