Scuola, sanità: governo “diffidato”. Democrazia al sapor d’anarchia

di Riccardo Galli
Pubblicato il 5 Settembre 2012 - 15:56 OLTRE 6 MESI FA
Il governo Monti (LaPresse)

ROMA – Il governo Monti è stato formalmente diffidato a mezzo stampa diffidato, nell’ordine, da più d’una associazione sindacale dei medici, dai rappresentanti e comitati degli insegnanti precari in graduatoria, dai comitati dei cittadini che non vogliono le discariche, oggi a Roma e domani altrove e dagli avvocati, che in realtà erano arrivati primi. Diffidato, non avvertito, ammonito…No, proprio “diffidato”, che in italiano vuol dire: non azzardarti a fare quella cosa che te la faccio pagare. Se qualche altra categoria “diffidante” è stata dimenticata non se ne abbia, il ragionamento che segue vale anche per lei.

Viviamo in un mondo singolare dove persino gli avvocati, che di diritto dovrebbero intendersene, diffidano il governo dal fare qualcosa. Esistono molte forme di rapporto, di confronto e anche di scontro tra cittadini e Stato. E la diffida non è tra queste. Ma da un po’ di tempo va di moda ignorarlo o far finta di ignorarlo, invocando una visione di democrazia più ampia e più vera del solo il governo decide e il cittadino vota o al massimo sciopera, manifesta e protesta. No, il cittadino associato in relativa categoria “diffida”, una democrazia al sapor d’anarchia. Non: se ti muovi così non ti voto, ma: se ti muovi senza il mio permesso ti spezzo le gambe.

Da Wikipedia:

La diffida è un atto formale, di solito inviato mediante raccomandata a/r, con il quale si intima ad un soggetto di compiere o di non compiere una determinata azione. Attraverso la stesura di una diffida, il soggetto viene avvertito che, se non mettesse in pratica determinate azioni, o praticasse azioni illegittime o indesiderate, ci si rivolgerà all’autorità competente.

Dal punto di vista formale la diffida si compone di una prima parte in cui ci si presenta, di una seconda parte in cui si espongono in maniera circostanziata i fatti avvenuti e di una terza parte in cui si intima il destinatario a non agire o ad agire entro un termine stabilito. In mancanza di quanto intimato, l’autore della diffida avverte in genere di dar corso alle vie legali. Appunto, l’autorità competente, ma l’unica vera autorità competente in materia di legislazione sono il Parlamento e il governo. A quale autorità si riferiscono i “diffidanti”? Probabilmente alla suprema autorità in materia, cioè se stessi. I comitati dei precari diffidano il governo dal bandire davvero il concorso scuola perché ritengono che la suprema autorità che manda in cattedra siano loro stessi o che almeno nessuna autorità esista senza loro preventivo assenso. I medici che diffidano dall’istituire il poliambulatorio pensano che l’unica autorità che possa organizzare il servizio pubblico sanità siano le organizzazioni dei medici e dei lavoratori della Sanità…

E’ presumibile che almeno gli avvocati abbiano presente cosa sia una diffida “vera”, e infatti né loro né i loro colleghi diffidandi hanno mai diffidato il governo formalmente, si sono limitati a farlo verbalmente. I medici hanno diffidato il governo dal procedere con le riforme che li riguardano senza prima essersi con loro seduti ad un tavolo. Le associazioni della scuola avevano diffidato l’esecutivo dall’andare avanti sulla strada del concorso per le assunzioni di nuovi insegnanti. I cittadini, un po’ ovunque, diffidano governo, regioni e qualsiasi istituzione dall’aprire nuove discariche e gli avvocati, ormai tempo fa, avevano diffidato il governo dal cambiare le regole in vigore nel loro settore.

Tutte diffide verbali ovviamente, base legale per diffide formali non esiste in nessuno dei casi citati, ma l’uso, la scelta delle parole è spesso rivelatrice. In questo caso rivelatrice di una concezione del mondo, e in particolare di una democrazia stravolta e snaturata rispetto a quella che è e dovrebbe essere nella realtà. Il “tic verbale” della diffida svela una visione della democrazia che è molto più prossima all’anarchia che al governo del popolo.

Con lo Stato, con le istituzioni, si possono aprire dialoghi, trattative e tavoli di confronto. Con lo Stato e con le istituzioni si può entrare in guerra scioperando, facendo manifestazioni e promuovendo diverse iniziative. Ma la diffida non fa parte del vocabolario che cittadini e Stato hanno per interagire tra loro. Lo Stato decide, sentiti o meno i cittadini e le varie associazioni di categoria, e questi, se credono, protestano o altrimenti accolgono le decisioni felicemente. Nel caso di scelte non condivise si sciopera, si lotta e alle elezioni si vota chi sostiene la propria causa. Potrà essere imperfetta, ma in parole miserrime è così che funziona la democrazia come noi la conosciamo.

Diffidare il governo dal fare riforme, varare nuove regole o prendere qualsivoglia iniziativa senza prima l’accordo con i singoli esula invece dal concetto di democrazia e sposa di contro l’anarchia. Se solo gli insegnanti possono decidere come si assumono gli insegnanti, se solo i medici possono regolare come si esercita la professione, se solo gli abitanti possono decidere se si fa o meno una discarica e se solo gli avvocati possono stabilire le norme che riguardano la loro professione è evidente che il sistema non funziona. L’anarchia è infatti un sistema affascinante, ma che non può funzionare nelle società complesse dove occorrono anche decisioni e scelte che alcune “fette” di società possono ritenere indigeste. Il governo, di destra, di sinistra o di tecnici che sia, ha il dovere di fare le scelte che ritiene più utili per la collettività. E le parti di società che tali scelte non condividono hanno il diritto/dovere di protestare. Ma dire al governo “non puoi decidere senza prima aver avuto il mio consenso” è una follia che nulla ha a che vedere con le regole della democrazia.