Sicilia “prima” elettorale: fino a ottobre campagna ad arraffare soldi e voti

di Riccardo Galli
Pubblicato il 1 Agosto 2012 - 14:05 OLTRE 6 MESI FA
Raffaele Lombardo (Lapresse)

PALERMO – Ieri, 31 luglio, si è chiusa in Sicilia l’era Lombardo. Solo ufficialmente però, perché le dimissioni dell’ormai ex governatore hanno di fatto dato il via ad una lunga campagna elettorale che porterà alle elezioni di fine ottobre. E Raffaele Lombardo, a differenza di quanto pubblicamente annunciato, difficilmente abbandonerà la politica per tornare a dedicarsi all’agricoltura. Non più governatore però, ma deus ex machina, forte di quella lottizzazione che ha animato gli anni della sua gestione. Da quando è a palazzo d’Orleans il compito primo, perfettamente adempiuto, sembra essere stato per Lombardo quello di piazzare uomini fidati in ogni posizione che avesse in dote un minimo di potere. Potere che significa voti. Una condizione che aiuterà il governatore eletto con Berlusconi e che ha governato senza il cavaliere a trovare nuove e multiformi alleanze, e una campagna elettorale che promettendo mari e monti troverà, probabilmente, anche elettori.

“Arraffaele” è il neologismo e il soprannome coniato da Sebastiano Messina di Repubblica per raccontare Lombardo: “Fino a ieri, con meticolosa e instancabile tenacia, il governatore ha piazzato le sue pedine su tutte le caselle libere del potere regionale, dalle autostrade agli ospedali, all’Istituto Vini e oli all’Irfis, più di 130 nomine in due mesi con una media di due investiture al giorno, collocando ovunque i fedelissimi dell’Mpa e lasciando qualche avanzo agli ultimi alleati che gli sono rimasti accanto, i luogotenenti siciliani di Gianfranco Fini. Ma da oggi questi personaggi che sono stati miracolati in zona Cesarini, queste pedine che sono state messe in campo quando il potere di Arraffaele sembrava al tramonto, dovranno restituire con gli interessi alla politica ciò che la politica ha dato loro: a uno a uno saranno chiamati a trasformare in voti il potere che hanno avuto, e Lombardo deciderà il loro destino politico dal numero di preferenze che ciascuno di loro porterà all’Mpa”. Ha arraffato posti in questi anni l’ex governatore, posti e nomine che gli consentono ora di presentarsi come l’uomo da cui non si potrà prescindere per governare la Sicilia e per avere i suoi voti, anche alle elezioni nazionali.

“Con le sue dimissioni – scrive ancora Messina – Raffaele Lombardo chiude un bilancio fallimentare, almeno dal punto di vista della Sicilia. Dal suo punto di vista, invece, il bilancio è nettamente in attivo: ha schierato una gran quantità di portaordini nelle caselle del potere siciliano, e alla fine di ottobre conterà i voti. Resta solo da vedere, da qui ad allora, chi deciderà di affiancarlo in questa spregiudicata operazione, e chi troverà il coraggio e la forza di opporsi ad ‘Arraffaele’ e alla sua armata di clientes”. Una condizione, quella di Lombardo, che lo aiuterà a trovare alleanze, più dura sarà invece per chi vorrà contrastarlo, nonostante la gestione del suo governo non verrà certo ricordata per i traguardi raggiunti.

Voleva essere, come racconta il Sole24Ore, il governo trasversale e difensore del glorioso autonomismo, voleva essere il governo del risanamento finanziario della regione, del lavoro, della lotta alla ‘colonizzazione’ delle grandi imprese inquinanti del Nord tanto da spingerlo a negare, di fatto, l’autorizzazione alla costruzione del rigassificatore di Priolo della Ionio Gas con contestuale abbandono del progetto da parte della Erg. Voleva essere questo e questo aveva promesso di essere in campagna elettorale Lombardo. Lo aveva promesso sostenuto da Berlusconi e dal Pdl, anche se poi ha governato fondamentalmente da solo, rompendo col cavaliere e facendo asse col Pd e con i finiani e cambiando maggioranza più volte. Voleva essere questo e se ne va invece con l’accusa di non essere riuscito a risanare alcunché, anzi di aver portato il debito della regione a 5,4 miliardi.

Oltre a quanto promesso ai siciliani Lombardo aveva anche promesso a Mario Monti un piano con tagli e risparmi a partire dalla spending review pianificata dall’assessore all’Economia Gaetano Armao. Norme mai approvate e che mai lo saranno, che a Monti e ai mercati piaccia o meno. Prometteva il Ponte, una riforma radicale della vecchia burocrazia, una cura di austerità e di efficienza per la Regione, la fine degli sperperi nel business malato della formazione professionale, una terapia radicale per la sanità, il sostegno alle imprese siciliane sane e lavoro per i giovani. Dopo quattro anni il Ponte non si è fatto e mai si farà mentre, la riforma della burocrazia regionale, è consistita finora in un una sola novità: tutti gli atti importanti devono passare dalla scrivania del governatore, che li firma se e quando vuole lui.

Un bilancio quindi tutt’altro che positivo ma, prima di dimettersi, Lombardo ha comunque trovato il tempo di nominare all’assessorato Autonomie locali un fedelissimo del Movimento per le autonomie a Palermo come Nicola Vernuccio, che era già stato direttore generale in vari assessorati. Una casella, evidentemente, rimasta colpevolmente vuota.

“Il mio dovere finisce qui: ringrazio per questo il popolo siciliano e auguro a tutti voi 90 di poter continuare a servire e a servire meglio la Sicilia”, ha detto Lombardo a conclusione del suo discorso di dimissioni. Ora è tempo di mettersi al lavoro per la campagna elettorale. Dicono che il voto in Sicilia  fine ottobre sarà un “luogo” politico e sociale in cui l’Italia tutta potrà specchiarsi e intravedere le sue fattezze per l’aprile 2013, quando voterà l’intero paese. Se è così, c’è da sperare che lo specchio si rompa da qui ad ottobre o ad aprile. Che si rompa perché per ora rimanda l’immagine di un luogo da cui l’Europa ha ritirato i fondi per conclamata inaffidabilità di chi li maneggia. Di un luogo in cui la mano pubblica crea precari da assumere, li assume e finisce per essere la “azienda” con maggior personale sull’isola, salvo poi pagarli quei dipendenti a debito del resto del paese e dee future generazioni. Un luogo dove la “casta” locale si ricopre di privilegi cui non rinuncia, un luogo dove intorno alla “casta” politica volontariamente si formano e si allineano altre “caste”, nella sanità, nei servizi, nei trasporti. Un luogo dove le istituzioni prendono in giro il governo di Roma fingendo piani di risparmi di spesa che sanno non attueranno mia, un luogo dove si fa la sceneggiata della spending e la si fa anche in piazza, quando lo stesso Lombardo annunciava: “Non sarà speso un soldo, mai”. Era una settimana fa. Un luogo dove da agosto ad ottobre 2012 sarà campagna ad arraffare denaro pubblico, campagna cui parteciperanno migliaia di politico e milioni di cittadini sotto l’occhio vigile e attento di “Arraffaele”.