La politica fallisce? Ecco i grand commis, prefetti in pista

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 2 Novembre 2015 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA
La politica fallisce? Ecco i grand commis, prefetti in pista

ll commissario di Roma, Francesco Paolo Tronca

ROMA – Salvatore Sfrecola ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog: Un sogno italiano (www.unsognoitaliano.it), col titolo: “Da Roma a Milano arrivano i commissari del governo. La rivincita dei grand commis d’Etat”

 

Mediamente inefficiente, con vaste aree di corruzione definita “pulviscolare” per sottolinearne la diffusione a tutti i livelli, l’amministrazione pubblica italiana è tuttavia capace di esprimere picchi di eccellenza, soprattutto in alcuni ambienti che, nonostante gli ostacoli frapposti dalla politica, continuano a coltivare una tradizione di elevata professionalità, in situazioni di emergenza, alle richieste che provengono dalle leggi e dai governi. Che vi ricorrono quando più evidente è l’incapacità delle amministratori e degli enti locali di gestire la cosa pubblica nel rispetto delle leggi e degli obiettivi programmati. O quando i ritardi dovuti all’incertezza delle scelte generano quelle emergenze che sono esse stesse occasioni di illeciti perché generano il ricorso alle deroghe rispetto alle procedure ordinarie.

E così entrano in campo prefetti e magistrati per gestire, laddove i politici hanno fallito, nelle città malate dal traffico, inquinate, con i bilanci in rosso permanente, come quelli delle dipendenti aziende di servizi che ovunque sarebbero fallite, comprese le aziende sanitarie commissariate con ufficiali dei Carabinieri. L’EXPO’, prima e adesso Roma, là per esorcizzare le prime avvisaglie di corruzione nella gestione delle ingenti somme stanziate per l’esposizione universale, qui la Capitale d’Italia malgovernata da anni e definitivamente affossata da un personaggio arrogante quanto incapace di capire le esigenze della Città, senza retroterra culturale “romano” ed una squadra adeguata. E così, mentre sui navigli arriva Giuseppe Sala, Commissario unico delegato dal Governo, strettamente vigilato da Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, e dalla Corte dei conti, a Roma il Prefetto, Franco Gabrielli, assume le funzioni di Commissario per il Giubileo, un evento mondiale con un finanziamento non particolarmente ricco ma, proprio per questo, conteso, come dimostra, al primo giro di boa, l’arresto di un funzionario del Comune che trasmetteva ad alcuni imprenditori notizie riservate su una gara. E adesso in Campidoglio arriva Francesco Paolo Tronca, fino a ieri Prefetto di Milano, che con una robusta squadra di sub-commissari dovrà gestire la Città fino alle prossime elezioni.

Prefetti e magistrati, dunque, a dire che lo Stato c’è dove la politica ha fallito, per incapacità o corruzione. Come nella prevenzione e nella lotta alla corruzione dove la scelta del Governo, unanimemente condivisa, cade su un magistrato, Raffale Cantone, con un curriculum di primordine che segnala innanzitutto una non comune esperienza nella lotta al malaffare che ha umiliato vaste zone della Campania ad iniziativa di camorristi violenti, capaci di intimidire amministratori e burocrazie locali.

Nomi illustri, che tutti hanno imparato a conoscere dai giornali e dalle trasmissioni televisive di approfondimento. Ma altri, meno noti ma ugualmente capaci, amministrano in giro per l’Italia città e paesi i cui organi statutari sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose o per gravi crisi finanziarie, funzionari di prefettura incaricati di gestire per alcuni mesi realtà che sono nel cuore dei cittadini i quali hanno bisogno di idee, di programmi, di strade percorribili, di trasporti efficienti, di pulizia delle strade e di altro ancora per valorizzare cultura ed economia locale, per favorire il turismo. Tutte cose che sono naturalmente “della politica”, che vanno oltre l’ordinaria amministrazione, che pure è essenziale, per puntare su un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali che è nelle aspettative degli abitanti e che costantemente si ritrova nelle indicazioni, quasi sempre disattese, dei programmi elettorali.

Naturalmente la politica nazionale si appropria di queste funzioni vicarie, ne rivendica le scelte, a Milano come a Roma, come era stato a Venezia per il MOSE, costato più, molto più di quanto preventivato, con contorno di corruzione a vari livelli, e non ancora giunto a conclusione. E si parla di un “modello” che vorrebbe individuare un modus operandi efficiente e legittimo. E così il “modello Milano” (per l’EXPO’) sbarca a Roma, evidentemente con gli adattamenti del caso, perché lì “sarebbe” andato tutto bene, condizionale necessario perché la certezza arriverà solamente nei prossimi mesi quando, spente le luce delle vetrine, si saranno rifatti i conti delle somme stanziate e di quelle effettivamente spese, con verifica della correttezza dei collaudi delle opere. Anche a Roma la gestione commissariale dovrà essere soft e sarà difficile dall’8 dicembre in poi mettere le manette ai polsi di qualcuno dei funzionari responsabili di procedure e di appalti e degli imprenditori che se li sono aggiudicati. Una tregua giudiziaria che s’impone perché non passi nelle televisioni di tutto il mondo  l’immagine del Santo Padre che richiama la “Misericordia di Dio” mentre scorrono le immagini delle forze dell’ordine che eseguono provvedimenti di custodia in carcere nei confronti di soggetti dal volto pudicamente coperto.

Ma questo riguarda l’amministrazione della giustizia.

Quello che suggeriscono queste riflessioni è il sostanziale fallimento della politica a livello locale, nelle amministrazioni delle città, nella gestione delle aziende degli enti locali, laddove non solo si ruba denaro dei cittadini ma si raggiungono inconcepibili traguardi di inefficienza. E questo avviene perché è fallita la politica anche a livello nazionale che evidentemente non ha saputo selezionale, indirizzare e controllare.

In questo quadro desolante che da Milano a Roma, passando per Venezia e per città e paesi dalle Alpi al Lilibeo, dimostra che la politica ha arruolato molto spesso i peggiori o che questi hanno prevalso in molte realtà cittadine, emerge un corpo di funzionari dello Stato, i grand commis, prefetti e magistrati, con alto il senso del loro ruolo al servizio delle istituzioni, fieri di quel giuramento che hanno prestato all’atto dell’ingresso in carriera, mai tradito, quel giuramento che li ha impegnati ad adempiere alle funzioni pubbliche loro affidate “con disciplina ed onore” come prescrive l’art. 54 la Costituzione, spesso disprezzata, ritenuta obsoleta, di recente violentata con una assurda “riforma” del Senato. Pubblici funzionari che non hanno dimenticato di essere “al servizio esclusivo della Nazione” (art. 98 Cost.) e magistrati “soggetti soltanto alla legge” (art. 101 Cost.) ai quali i governi ricorrono e presso i quali trovano pronta risposta nonostante non passi giorno che gli uni e gli altri siano oggetto di denigrazione quando non di calunnia, come è spesso per i magistrati ai quali è stata perfino addebitata nei giorni scorsi la presunta mancata restituzione di un conguaglio negativo sugli adeguamenti alle retribuzioni degli altri pubblici dipendenti che non c’è stata e per la quale il giornale si è guadagnata una secca e documentata smentita del Comitato intermagistrature.

La conclusione è che se lo Stato vuole buoni funzionari e magistrati deve poter reclutare fra i migliori professionisti nelle varie discipline. Ciò che impone sia dato a tutti il giusto riconoscimento per l’impegno profuso accompagnato da una retribuzione adeguata secondo le regole del mercato, come del resto avviene dovunque nel mondo, in particolare in Francia, Regno Unito, Spagna, Germania dove i migliori ambiscono servire lo Stato. Altrimenti negli uffici pubblici troveremo soltanto quanti non hanno avuto possibilità d’impiego altrove, nella libera professione e nelle attività imprenditoriali private.