Beppe Grillo e il rischio nuove elezioni

di Senator
Pubblicato il 5 Marzo 2013 - 06:35 OLTRE 6 MESI FA
grillo beppe

Beppe Grillo (Foto Lapresse)

Beppe Grillo e il rischio nuove elezioni . Chi rischia di più da un ricorso alle elezioni anticipate molto prossimo? Perché Pierluigi Bersani dice a Beppe Grillo che se non si fa un Governo si va nuovamente alle urne, anche il Movimento 5 Stelle potrebbe uscire di scena? E Berlusconi? Ho provato a ceercare una spiegazione.

È evidente che Beppe Grillo mira a tirare la corda, convinto che gli giovi, che la ingovernabilità che si profila danneggi i partiti, in primo luogo Partito Democratico e Popolo della Libertà. Certo più il primo del secondo. Infatti Bersani, anche se ha vinto sulla carta, ma in condizioni di non poter essere autosufficiente, è quello che deve indubbiamente fare la prima mossa, proporre al Capo dello Stato una ipotesi di governo e di programma.

Tuttavia il leader del Pd esita, perché non ha una maggioranza certa, precostituita. Potrebbe andare alle Camere, ove il Presidente della Repubblica accetti l’ipotesi, avendo sotto banco stabilito un accordo con Berlusconi che potrebbe assicurare la fiducia su un programma iniziale minimo per poi definire in Parlamento, di volta in volta, altre iniziative.

Non è una soluzione che possa piacere a Bersani. Significa essere in balia del Cavaliere il quale potrà, a suo piacimento, farlo cadere, addebitandogli l’insuccesso.

E, poi, cos’è questo programma minimo di cui si parla da giorni con riferimento ad alcune riforme costituzionali (es. la riduzione del numero dei parlamentari) ed alla riforma della legge elettorale e del finanziamento dei partiti?

È un’illusione che si risolvano così i problemi attuali della politica. La riforma costituzionale richiede tempo. Occorrono, come si legge nell’ art. 138 Cost., da ciascuna Camera due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi. Le leggi di riforma “sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione” (maggioranza “dei componenti”, attenzione, non dei votanti!).

Quanto alla legge elettorale abbiamo già constatato che non è facile trovare un meccanismo che accontenti tutti. Perché non potrà mai accontentare tutti. Ognuno fa i suoi conti, in relazione al tipo di elettorato ed al territorio e decide di conseguenza. Non si può chiedere a nessuno di farsi male da solo.

La strada, dunque, è irta di difficoltà.

A chi va il maggiore vantaggio in caso di un ritorno alle urne?

Grillo sembra pensare che giovi al suo movimento. Ma l’esperienza della Grecia deve farlo riflettere.

È vero, infatti, che, agli occhi degli elettori, la ingovernabilità potrebbe essere addebitata a Pd e Pdl, ma è anche possibile che ci possa essere un riflusso di voti su quei partiti, un po’ come in Grecia, dove la prima consultazione aveva fatto emergere i movimenti di protesta, come Alba Dorata, un partito definito addirittura neonazista, fortemente ridimensionato in occasione della seconda votazione, quando sono prevalsi partiti europeisti, in primo luogo Nuova Democrazia, il partito conservatore dell’attuale primo ministro Antonis Samarans.

In sostanza non è certo che il tempo giovi a Grillo, anche perché la sua gestione dei gruppi parlamentari sembra molto autoritaria e i componenti, alle prime interviste, sono apparsi sprovveduti di un minimo di conoscenza istituzionale e, a volte, con idee confuse.

Forse a Grillo converrebbe far vedere che la sua presenza assicura governabilità, senza che il Movimento venga meno ai suoi ideali, anzi realizzandoli, tallonando il governo e la variabile maggioranza parlamentare.

Staremo a vedere. Certo che la partita è complessa, anche perché di tutti si parla, anche con proposte più o meno concrete, tranne dei problemi della gente, quella che in parte ha votato i grillini, convinta che avrebbero promosso o consentito una politica di sviluppo, che significa, prima di tutto, lavoro.