Umiliazioni e offese alla moglie: non è mobbing per la Cassazione, “sono pari”

di Simona Napolitani *
Pubblicato il 7 Luglio 2014 - 07:59| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Umiliazioni e offese alla moglie: non è mobbing per la Cassazione, "sono pari"

Umiliazioni e offese alla moglie: non è mobbing per la Cassazione, “sono pari”

Mobbing e famiglia: realtà incompatibili. Recentemente la Corte di Cassazione ha reso una sentenza a dir poco singolare: non si può estendere il reato di mobbing all’ambito familiare.

Il caso concreto riguardava una donna che aveva accusato il marito di comportamenti mobbizzanti, per indurla a lasciare la casa coniugale: provocazioni, umiliazioni, continue offese, insomma una vita impossibile.

I giudici hanno escluso non solo l’ipotesi di addebito – perché tale condotta sarebbe riconducibile ad un periodo in cui il rapporto era ormai deteriorati – ma anche la sussistenza di un reato di mobbing.

Secondo i Giudici per fare allontanare da casa un coniuge indesiderato, è sufficiente chiedere la separazione, non occorre fare riferimento a reati penali, in particolare, sempre secondo i Giudici di legittimità, il mobbing può realizzarsi in ambito lavorativo, dove esiste una diversa collocazione professionale tra i soggetti (datore di lavoro – impiegato); le situazioni patologiche possono cioè sorgere “quando c’è un dislivello tra gli antagonisti, dove la vittima si trova in posizione di costante in-feriorità rispetto a un’altra”, mentre in famiglia vige il principio di uguaglianza morale e giuridica tra i coniugi.

Certamente, in linea di principio tra i coniugi esiste il principio di uguaglianza, ma come possono rispondere allora i Giudici ai tanti uxoricidi, che tempestano le cronache dei nostri giornali? Anche in queste ipotesi esiste il principio di uguaglianza?

I mariti assumono molto spesso condotte oltraggiose e minacciose, che purtroppo pongono in essere proprio quel rapporto tra vittima e carnefice, che la Cassazione esclude possa esistere in famiglia. Un passo indietro rispetto ad una ormai datata sentenza del 2000, con cui la Corte di Appello di Torino, con una importante innovazione culturale, aveva accusato l’uomo di un comportamento mobbizzante nei confronti della moglie. Speriamo nei corsi e ricorsi.

*Avvocato in Roma, e.mail: simonanapolitani@libero.it