Belgio, ad un anno dalla caduta il governo è ancora in piedi

Pubblicato il 22 Aprile 2011 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA

BRUXELLES – E’ passato esattamente un anno da quando è cominciata l’interminabile crisi di governo belga. Ma dopo 365 giorni di stallo, il governo caduto il 22 aprile 2010 sembra più saldo che mai. Ad aprire la crisi fu Alexander De Croo, presidente del partito liberaldemocratico fiammingo (Vld), che giusto un anno fa annunciò il ritiro dell’appoggio all’esecutivo guidato da Yves Leterme, sostenendo che non era stato rispettato l’accordo per la scissione della circoscrizione bilingue Bruxelles-Hal-Vilvorde, il Bhv.

Un anno dopo, ”l’inimmaginabile è successo”, come sottolinea il quotidiano Le Soir citando i conti pubblici in miglioramento ed i successi diplomatici riconosciuti al ‘premier uscente’. La ”celebrazione” è partita quattro giorni prima della caduta ufficiale del governo. E’ stato infatti solo il 26 aprile che il re Alberto II accettò le dimissioni, le seconde in due anni.

Il 13 giugno si tennero le elezioni, con la vittoria dei separatisti fiamminghi dello N-Va guidato da Bart De Wever nelle Fiandre e dei socialisti condotti da Elio Di Rupo nella Vallonia di lingua francese. Nei tre mesi successivi entrambi fallirono la missione di formare un governo.

In nulla sono poi finiti i tentativi di mediazione e conciliazione su ipotesi di riforma dello stato federale in cui si sono impegnati prima i due presidenti delle camere (André Flahaut e Dany Pieters) poi il senatore socialista fiammingo Johan Vande Lanotte, quindi il ministro delle finanze in carica, il francofono Didier Reynders.

Dal 2 marzo l’incarico di ”conciliatore reale” è nelle mani del cristiano democratico fiammingo Wouter Beke. Oggetto del contendere è quello di sempre: come risolvere lo scontro culturale e sociale tra fiamminghi e francofoni, particolarmente acuto in quella che in Belgio è conosciuta come Bhv, la circoscrizione che raccoglie 54 comuni alla periferia della capitale belga. Già in territorio fiammingo, ma a forte presenza di francofoni, è l’unica del Belgio in cui vige un doppio regime linguistico ed amministrativo.

I fiamminghi, che sono la maggioranza in Belgio, puntano ad una scissione, limitando le concessioni ai francofoni per ottenere l’integrità linguistica del territorio. Passato un anno, non si vede soluzione all’orizzonte. Il paese ha provato a reagire all’impasse con una manifestazione che, lanciata dall’appello di quattro studenti sui social network, il 23 gennaio scorso ha portato 35.000 persone a sfilare a Bruxelles chiedendo ai politici di ”muoversi”, formare un governo e tenere unito il paese. Ma neppure la ‘‘rivoluzione delle moules et frites” ha prodotto il risultato di compattare i politici.

Per il 7 maggio è convocata una nuova manifestazione. Ma intanto sono paradossali i risvolti della crisi che il 30 marzo scorso ha fatto entrare il Belgio nel Guinnes Book dei primati mondiali (con 290 giorni di esecutivo ‘uscente’ il paese ha superato l’Iraq dove, dopo le prime elezioni dalla caduta di Saddam Hussein, impiegarono 289 giorni per formare un governo).

In regime di premier per l’ordinaria amministrazione, Yves Leterme ha guidato il semestre di presidenza di turno Ue, quella che ha gettato le basi per la nuova governance dell’euro. Nelle stesse condizioni il 18 marzo scorso Leterme ha ottenuto l’approvazione per la finanziaria 2011 che prevede riduzioni del deficit statale ed il giorno dopo ha annunciato la partecipazione, con sei F-16, alle operazioni militari in Libia. E secondo le ultime stime di Eurostat la crescita del Pil del Belgio nel 2010 sarà del +2,0%, uno dei dati migliori di Eurolandia la cui media sarà del +1,7%, con la Francia a +1,6% e l’Italia a +1,1%.