Ue contro Donald Trump e la sua riforma fiscale: “Tagli alle tasse ci discriminano”

di redazione Blitz
Pubblicato il 13 Dicembre 2017 - 07:10 OLTRE 6 MESI FA
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Donald Trump (Foto Ansa)

BRUXELLES – L’Europa unita critica Donald Trump per la sua riforma fiscale. Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna hanno inviato una lettera al segretario di Stato americano al Tesoro, Steven Mnuchin, elencando le “preoccupazioni significative dalla prospettiva europea” e i rischi sul commercio che vedono nella formulazione attuale della proposta ancora in discussione.

Per i ministri alcuni elementi della riforma rischiano di discriminare le società non americane, andando contro le regole del WTO (l’Organizzazione mondiale del commercio), e rischiano anche di distorcere gli accordi internazionali sulla tassazione, come quello sull’erosione della base imponibile (BEPS).

A preoccupare è, ad esempio, la tassa del 20% sui pagamenti a società affiliate all’estero, che “impatterebbe su accordi commerciali genuini”, laddove “i pagamenti sono fatti per beni e servizi stranieri”. Una misura che “discriminerebbe” andando contro “le regole internazionali fissate dal WTO”, scrivono i ministri Pier Carlo Padoan, Peter Altmaier, Bruno Le Maire, Philip Hammond e Cristobal Montoro Romero.

Una misura tale sarebbe poi “incoerente con gli accordi esistenti sulla doppia tassazione”, visto che “imporrebbe una tassa sui profitti di una società non residente negli Stati Uniti e che non ha una residenza fisica permanente negli Stati Uniti”.

E “tenendo a mente che circa la metà del commercio transatlantico avviene tra entità appartenenti alle società stesse, questo rischia di danneggiare seriamente il commercio genuino e i flussi di investimenti tra le nostre due economie”.

Anche le misure sull’erosione della base imponibile preoccupano i cinque ministri: “Affronterebbero poco l’erosione della base negli Usa, e avrebbero invece un impatto sugli accordi commerciali che coinvolgono pagamenti a società straniere che sono tassate ad un’aliquota uguale o più elevata degli Usa”. Ciò sarebbe “estremamente dannoso” per il settore bancario e per le assicurazioni, perché “le transazioni finanziarie transnazionali sarebbero non deducibili e soggette ad una tassa al 10%. Che porterebbe a spese più alte e potrebbe distorcere i mercati internazionali”.

Contro il WTO andrebbe anche il regime speciale previsto per i “redditi intangibili derivati dall’estero”. In sostanza, i redditi dalla vendita o dalla licenza di beni e servizi per uso fuori dagli Usa beneficeranno di una tassazione ridotta al 12,5%. “L’incentivo proposto sarebbe un sussidio all’export rispetto al consumo interno, e quindi potrebbe essere illegale per il WTO”, si legge nella lettera.

Anche Wall Street aveva criticato la riforma dei repubblicani: colpisce gli Stati dove le imposte sono già elevate e potrebbe causare danni all’industria finanziaria di New York. Critiche che vanno a rafforzare quelle dei democratici, secondo i quali la riforma peserà sugli Stati che hanno le tasse più alte, ovvero quelli democratici che non hanno votato per Donald Trump.

Scende in campo, infine, anche la Cina: Pechino, stando al Wall Street Journal, lavora a un piano di ‘emergenza’ per contrastare gli effetti della riforma e l’atteso aumento dei tassi di interesse da parte della Fed. Il piano prevede interventi della banca centrale cinese come tassi di interesse più alti, controlli sui capitali e più frequenti interventi valutari.