Berlusconi. Convenzione finta per prendere le commissioni

Pubblicato il 5 Maggio 2013 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Berlusconi insiste per fare il presidente della “Convenzione per le riforme“, ma chi ne ha seguito le imprese in questi anni si chiede a cosa miri e si risponde: dopo avere chiuso il capitolo ministri e sottosegretari, ben sapendo che controllare il Governo o un ministero non basta, occorre anche mettere sotto controllo alcune commissioni chiave di Camera e Senato, dove si può fare la differenza per i suoi interessi.

Il gioco di Berlusconi è abbastanza chiaro, segue un modulo antico e collaudato, un po’ come uno bravo a battere i calci di rigore: fingere di tirare da una parte per poi fare gol nell’angolo opposto.

Berlusconi sarà anche sincero quando strilla: “Non posso tollerare stop a mezzo stampa” per la presidenza della Convenzione (Repubblica), e non ha nemmeno tutti i torti l’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, fedelissima e ora vice capogruppo del Pdl alla Camera, quando dice:

“Il centrodestra non ha applicato alcuna logica spartitoria, ha assistito all’occupazione delle presidenze delle Camere e del Consiglio. La guida della Convenzione compete a noi e adesso pretendono di scegliere anche il candidato del nostro schieramento. Sarebbe una pessima partenza”.

Ma tant’è, nella stessa pagina di Repubblica c’è un altro titolo che fa drizzare le orecchie:

“Le commissioni. Scontro su Palma alla giustizia e Romani alle comunicazioni I democratici: nomi che dividono. Una presidenza a Capezzone”.

Scrive Alberto D’Argenio su Repubblica che

“a due giorni dall’ora X non c’è ancora accordo su un puzzle bloccato, non è una novità, dalle richieste molto interessate di Silvio Berlusconi. Che, guarda a caso, vuole portare a casa le presidenze delle commissioni Giustizia e Comunicazioni al Senato con due suoi ex ministri: Francesco Nitto Palma e Paolo Romani. Lo scontro dunque è a Palazzo Madama: con la netta maggioranza del Pd alla Camera la guida di una commissione non è in grado di spostare gli equilibri politici al suo interno.

“Al Senato, invece, dove nessun partito prevale la presidenza diventa fondamentale. Ieri c’è stata una riunione tra i capigruppo del Pdl (Schifani e Brunetta) e del Pd (solo Zanda) ma l’accordo è ancora lontano. Berlusconi punta su Nitto Palma alla Giustizia al Senato, ma il Pd ha opposto unsecco no perché si tratta di un ex Guardasigilli del governo Berlusconi ed è considerato, spiegano dal Nazareno, una figura «divisiva». Il Pdl rilancia con Donato Bruno, ma il Pd si impunta: «La presidenza della commissione giustizia al Senato spetta a noi visto che il ministro è un tecnico (Cancellieri) e uno dei due sottosegretari, Cosimo Ferri, lo consideriamo vicino a Berlusconi».

Ma in casa Pd non mancano i problemi: la nomina di Ferri, ex toga di Magistratura Indipendente, ha messo in subbuglio le altre correnti dei giudici che chiedono di riequilibrare con la democratica Donatella Ferranti alla guida della commissione Giustizia della Camera. Ma con la presidenza a Montecitorio, il Pd avrebbe difficoltà a imporre uno dei suoi anche a Palazzo Madama lasciando la partita al Pdl.

C’è poi il nodo della Commissione Lavori pubblici, Trasporti e Comunicazioni del Senato. Il Pdl vuole mandarci l’ex ministro Paolo Romani, il Pd si oppone perché lo considera troppo sensibile alle esigenze di Berlusconi sul mondo televisivo. Il Pdl sta dunque pensando di rilanciare con Matteoli.

A far gola sono poi le commissioni economiche. Alla Camera la partita sulla Bilancio sembra chiusacon un accordo tra tutte le forze sul democratico Francesco Boccia, pilastro del Pd nelle materie economiche vicino a Letta. Al Senato la presidenza della Bilancio dovrebbe quindi andare al pidiellino Antonio Azzollini. La Finanze alla Camera dovrebbe andare al Pdl (Daniele Capezzone), ma in lizza per una presidenza c’è anche Bruno Tabacci che in quella commissione si sentirebbe al suo posto. Outsider Enrico Zanetti, deputato di Sc vicino a Montezemolo.

Le commissioni lavoro dovrebbero andare al pd Damiano (Camera) e al pdl Sacconi (Senato). Dai giochi resta fuori Giancarlo Giorgetti, il leghista dei dossier economici. Pur essendo all’opposizione il Carroccio chiede una presidenza e per Giorgetti si potrebbero aprire le porte della Affari Costituzionali alla Camera (anche se in corsa c’è il pd Bressa).

Il Pdl invece con il passaggio di Lupi al governo deve scegliere un nuovo vicepresidente della Camera: se la giocano Mara Carfagna e Daniela Santanchè.

Ci sono infine le commissioni di garanzia. Al M5S – considerato non pronto dagli altri partiti per le più delicate – dovrebbe avere la guida della Vigilanza Rai. Il Copasir andrà a Sel che propone Claudio Fava, anche se le altre forze preferirebbero Gennaro Migliore considerato più “istituzionale”. Per l’Antimafia in pole c’è Rosy Bindi.

Più possibilista su Nitto Palma alla giustizia è Dino Martirano del Corriere della Sera:

“La spinta per Palma e Romani, che arriverebbe direttamente dal Cavaliere, ovviamente non aiuta la trattativa e fa irrigidire il Pd che ora creerebbe problemi sugli altri ex ministri del Pdl: Michela Vittoria Brambilla, Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Altero Matteoli”.

Se veramente al Senato la Giustizia andrà all’ex Guardasigilli Nitto Palma — nonostante l’apparente fuoco di sbarramento del centrosinistra — poi la commissione gemella della Camera andrebbe a Donatella Ferranti del Pd, il cui nome fino all’ultimo minuto era inserito nella lista dei sottosegretari. Più complesso, invece, l’«incrocio» per le commissioni Affari costituzionali che, comunque, nel caso nasca la Convenzione o la Bicamerale verrebbero svuotate di contenuto: per la prima commissione del Senato è in corsa Anna Finocchiaro (che poi, se richiesto, potrebbe sempre dimettersi per dedicarsi a un incarico più importante). Mentre per la prima commissione della Camera ci sono tre candidati del Pdl: l’ex ministro Elio Vito e gli avvocati Enrico Costa e Francesco Paolo Sisto. Così però rimarrebbe fuori Gianclaudio Bressa (Pd).

Delicata anche la scelta dei presidenti delle commissioni Bilancio. La soluzione potrebbe essere tutta pugliese: al Senato non molla Antonio Azzolini (Pdl) che è di Molfetta e alla Camera è ben piazzato il lettiano di ferro Francesco Boccia (Pd) che è di Bisceglie. In questo schema, tuttavia, ha poche speranze Bruno Tabacci il cui partito, il Centro democratico, chiede un posto come d’altronde fanno i socialisti di Riccardo Nencini. Alla Camera, la Difesa è ambita da Giuseppe Fioroni ma nel Pd c’è anche la «tecnica» Rosa Calipari. Ermete Realacci (Pd) ha il profilo adatto per guidare l’Ambiente mentre nessuno ancora si è messo di traverso alla candidatura di Rosy Bindi per la presidenza dell’Antimafia.

Un’altra partita si gioca poi tra i partiti dell’opposizione. Riccardo Nuti (M5S), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) Giancarlo Giorgetti (Lega) si rivedranno domani per provare a trovare un accordo sulle commissioni di garanzia: Copasir (servizi segreti), vigilanza Rai, giunte per le autorizzazioni. Uno schema di massima prevede il Copasir a Sel (Gennaro Migliore, Claudio Fava o Dario Stefano) e la vigilanza Rai ai grillini”.