Berlusconi accerchiato: la Lega freme, la maggioranza scricchiola

Pubblicato il 18 Giugno 2010 - 20:45 OLTRE 6 MESI FA

Un Cavaliere assediato che tenta di puntellare la maggioranza, blindando l’asse con la Lega e cedendo, almeno in parte, sul fronte delle intercettazioni. Non è una bella immagine quella scelta da un esponente di peso del Pdl per Silvio Berlusconi. Ma la fotografia, per quanto impietosa, sembra trovare riscontri anche nella semplice lettura degli ultimi avvenimenti politici.

La Lega ha preteso garanzie sulla riforma a lei più cara, prima andando a bussare alla porta di Gianfranco Fini, poi ottenendo in circa 24 ore la nomina di un nuovo ministro dedicato interamente alla causa del federalismo. Sulla poltrona siederà Aldo Brancher. Un nome – assicurano un po’ tutti nella maggioranza – voluto dal Carroccio proprio per il suo profilo: un ex “azzurro” che però è vicino a Umberto Bossi quanto lo è a Berlusconi e che per questo viene considerato “uno di famiglia” dai leghisti.

L’accusa dell’opposizione, che vede nella promozione un modo per mettere il sottosegretario al riparo dalle inchieste giudiziarie in cui è coinvolto, trova solo smentite nel Pdl. La ragione, giurano un po’ tutti nell’entourage di Berlusconi, è politica. Ovvero rispondere alla richiesta del Carroccio che voleva un segnale forte sul fronte del federalismo. Magari, sussurra qualcuno, per rivendersi la nomina durante l’imminente kermesse di Pontida.

Anche se, più di qualcuno all’interno dello stesso governo, non sa dare una spiegazione convincente del perché servisse alla Lega un altro ministro dedicato al tema delle riforme. Tanto che qualcuno nel Pdl non reputa del tutto campati in aria i sospetti dell’opposizione. Sia come sia, pare che Brancher non sia mai stato in corsa per la poltrona di ministro dello Sviluppo Economico. Del resto il Cavaliere continua a ripetere che terrà l’interim fino a quando non individuerà quel nome di prestigio che possa contribuire al rilancio dell’immagine del governo. La ricerca, dunque, sarebbe ancora orientata su un tecnico.

L’altra concessione del premier riguarda le intercettazioni. Ormai anche i suoi ammettono apertamente che ci saranno modifiche. Segno che il pressing di Gianfranco Fini, unitamente alla “moral suasion” del Quirinale, hanno sortito l’effetto desiderato. E così Fabrizio Cicchitto, in veste di ambasciatore, è salito al Colle per un colloquio con Giorgio Napolitano. Al termine ha diffuso un comunicato alquanto eloquente in cui, in buona sostanza si apre alle modifiche anche se si cerca di accelerare sui tempi.

Ora la linea di Berlusconi appare l’esatto opposto rispetto a quella indicata nei giorni scorsi: accetta “qualche eventuale modifica” a condizione che si arrivi ad una approvazione definitiva “entro l’estate”. Posizione che lo stesso Berlusconi, durante il giuramento di Brancher, avrebbe illustrato con una battuta a Napolitano. Un modo per sottolineare che le modifiche sono finalizzate ad ottenere la firma del Colle. Napolitano, però, non si sarebbe espresso al riguardo.

La posizione del Quirinale non è infatti cambiata: il capo dello Stato intende seguire con attenzione l’iter del ddl in Parlamento, con l’auspicio che si arrivi ad una soluzione accettabile per tutti. Ma la valutazione del testo ci sarà solo quando sarà sulla sua scrivania. Una prima lettura della situazione sembra indicare che Berlusconi abbia subito tutto questo. Anche se Cicchitto assicura che il testo, alla fine, potrebbe risultare più “digeribile” non solo al Quirinale e al presidente della Camera, ma anche allo stesso Cavaliere.

Difficile capire se sia propaganda o se le modifiche potrebbero accontentare il premier su alcuni aspetti a lui poco graditi. Resta comunque l’impressione che la “promozione” di Brancher, così come il complesso iter delle intercettazioni, siano sintomi di un malessere interno alla maggioranza. E che quelli di Berlusconi siano solo palliativi, in attesa che si trovi una cura definitiva.