Bossi, un generale senza esercito. Nella Lega tutti o quasi con Maroni

Pubblicato il 22 Luglio 2011 - 11:43 OLTRE 6 MESI FA

MILANO –  ”Nella Lega c’è un gruppo compatto, c’è la guida salda di Umberto Bossi. Tutto il resto sono ricostruzioni fantasiose”. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni prova a chiudere tutto e prova a farlo con la più berlusconiana delle tecniche, ovvero il dire che i giornali raccontano un sacco di bugie. I numeri della Lega, in Parlamento e non solo, raccontano però una storia almeno parzialmente diversa.

Bossi è saldo perché è una sorta di totem, uno che non si tocca. Questo non vuol dire che abbia con sé la maggioranza della Lega. Certamente non la ha nei posti di potere, e probabilmente, come ha mostrato un sondaggio online su Padania.org di qualche giorno fa, non la ha tra i suoi elettori.

Maroni, invece, se decidesse di muovere guerra, potrebbe contare su fior di truppe. L’elenco, tra gli altri, lo compila con cura minuziosa Rodolfo Sala su Repubblica. Secondo la sua analisi, Maroni gode dell’appoggio della maggioranza dei leghisti in entrambi i rami del Parlamento. Quando si trattò di chiedere la testa del bossiano Marco Reguzzoni (capogruppo leghista a Montecitorio), firmarono alla Camera in 49 deputati su 59. Poi Bossi si impuntò e non se ne fece nulla. Ora, però, Reguzzoni sta per essere sostituito e al suo posto sembra destinato Giacomo Stucchi che del ministro dell’Interno è un fedelissimo.

Sala fa poi  l’elenco dei maroniani alla Camera: “Tra gli altri, il bresciano Davide Caparini, componente della Vigilanza Rai, il sindaco-deputato di Cittadella Massimo Bitonci, il mantovano Gianni Fava, il segretario dei Giovani padani Paolo Grimoldi. Tra i maroniani più spinti, spicca l’europarlamentare milanese Matteo Salvini”.

Al Senato, invece, c’è più equilibrio anche se, Federico Bricolo (capogruppo vicino al cerchio magico di Bossi) “al recente congresso provinciale nella sua Verona non è riuscito a imporre il proprio candidato alla segreteria: l’ha spuntata un leghista molto vicino a Tosi, che – insieme al varesino Attilio Fontana – guida la nutrita pattuglia di sindaci di fede maroniana”.

A completare le truppe di Maroni ci sono anche sottosegretari come  Sonia Viale e Michelino Davico e i segretari regionali che, scrive Repubblica, “stanno tutti o quasi col ministro dell’Interno: dal lombardo Giancarlo Giorgetti, al piemontese Roberto Cota, dal romagnolo Gianluca Pini al friulano Pietro Fontanini. Mancano all’appello l’Emilia e la Liguria, perché rette da un commissario che si chiama Rosy Mauro, vicepresidente del Senato e signora del Cerchio magico”.

Infine Roberto Calderoli. Il ministro della Semplificazione, dopo vecchi dissapori, sembra aver firmato un patto con Maroni. Se guerra mai dovesse scoppiare, il ministro dell’Interno parte indubbiamente da favorito.