Caso Ruby: il prefetto racconta le orge nella sala del Bunga Bunga. Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano
Un prefetto nelle cene del Bunga Bunga. Lo scrive, spulciando nei fascicoli dell’inchiesta sul caso Ruby, Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano. Il prefetto in questione è Carlo Ferrigno, poliziotto, prefetto prima ad Asti e poi a Napoli, e quindi, fino al 2006, commissario anti-racket.
Barbacetto riporta una telefonata di Ferrigno del 29 settembre 2010: nella conversazione l’ex prefetto descrive le serate di Arcore con un mixi di stupore e scandalo: “C’erano orge! Non con la droga, non mi risulta – dice Ferrigno al suo interlocutore – Ma bevevano tutte mezzo discinte. Berlusconi si è messo a cantare e raccontare barzellette”.
Nell’intercettazione riportata dal Fatto, Ferrigno descrive la compagnia: “C’erano loro tre – per Barbacetto si tratta di Berlusconi, Emilio Fede e Lele Mora – e 28 ragazze. Tutte ragazze che poi, alla fine della serata erano senza reggipetto, solo le mutandine strette”.
Barbacetto, quindi, ricorda episodi del passato in cui il prefetto è stato coinvolto: “A essere perfidi – scrive – si potrebbe ipotizzare che Ferrigno sia stato invitato a quella che chiama orgia per meriti acquisiti sul campo. Sì, perché da commissario anti-racket è stato accusato di essere un prefetto a “luci rosse”, di aver preteso prestazioni sessuali da donne vittime di usura che si rivolgevano a lui”.
Allora, racconta il Fatto, la denuncia arrivò dal presidente del comitato milanese Sos Usura Frediano Manzi (domenica scorsa ha subito l’incendio di uno dei suoi negozi di fiori) e dal presidente dell’associazione Sos Usura Paolo Bocedi.
Anni prima, prosegue la biografia di Barbacetto, “Ferrigno era stato protagonista di un’altra disavventura, questa volta non a luci rosse, ma nere. Nel 1996, Aldo Giannuli, consulente del giudice di Milano Guido Salvini a caccia dei terroristi di Piazza Fontana, aveva scoperto, sulla circonvallazione Appia, a Roma, l’archivio segreto dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno: decine di migliaia di reperti, mai messi a disposizione della magistratura. Tra questi, una parte di un ordigno esploso nella notte tra l’8 e il 9 agosto del 1969 su un treno a Pescara, in uno dei primi attentati eseguiti dal gruppo di Franco Freda durante la campagna terroristica culminata in Piazza Fontana. E documenti sullo strano incidente aereo in cui perse la vita, nel 1962, il presidente dell’Eni Enrico Mattei”.
Allora ne uscì senza conseguenze: si dimise e la sua carriera in polizia continuò altrove.