In Italia aumentano gli anziani: ma l’assistenza chi la paga?

Pubblicato il 27 Aprile 2010 - 10:49 OLTRE 6 MESI FA

Due numeri dicono tutto: se domani mattina tutte le badanti se ne andassero a casa, lo Stato dovrebbe investire in nuovi ospizi per accogliere gli anziani lasciati soli 169 miliardi di euro. E assumere, per l’assistenza, oltre 900 mila persone. Onestamente: come ne usciremmo? Il problema se l’è posto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Ha calcolato che, stando ai calcoli dell’Istat, nel 2016 gli ultrasessantenni saliranno a 17.459.984, pari a tutti gli abitanti di Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige messi insieme. Gli ultrasettantenni a 9.549.242, come tutti gli abitanti della Lombardia. Gli ultraottantenni a 4.080.881, come tutti gli abitanti dell’Emilia Romagna. Gli ultranovantenni a 769.914, come tutti gli abitanti dell’Umbria. Quanto agli ultracentenari (che un tempo alla centesima candelina richiamavano i fotografi ma oggi nel solo comune di Milano sono oltre seicento) dovrebbero essere 23.029.

È quindi il caso di fare un po’ di conti. In questo preciso momento, secondo i dati dell’Inps, ci sono in Italia circa 700 mila badanti  in regola. Più quelle irregolari. Per un totale che, stando a una stima concorde dell’Istituto nazionale di previdenza, della Caritas e della Bocconi, dovrebbe essere intorno a un milione e 300mila. Probabilmente di più. Il che significa che almeno altrettante persone non sono in grado di badare da sole a se stesse. E potrebbero in tempi più o meno brevi pesare sul bilancio non delle famiglie ma dello Stato, o meglio delle regioni, aggiungendosi a quelle che già sono assistite in una casa di riposo o addirittura, dove queste sono pochissime (per insipienza o per calcolo scellerato vista la differenza delle rette: dieci a uno), nei reparti geriatrici ospedalieri.

Dicono le statistiche che nel 2007 i «ricoveri per anziani» in Italia erano 4.626 (contro i 3.608 del 2001) per un totale di 222 mila (176 mila nel 2001) ospiti. Ma sono numeri che non vogliono dire niente, perché comprendono sia le strutture modello sia certi baracconi di sfruttamento del business come quelli che ogni tanto vengono smascherati e si rivelano dei veri e propri lager. In ogni caso sono pochi. Pochissimi. Basti ricordare che la stessa Lombardia, cioè una delle regioni che ha affrontato meglio il problema, ha oggi 55.112 posti letto contro un milione e 280 mila ultrasettantenni. Dei quali, secondo la Bocconi, almeno 386 mila non autosufficienti.

Il ministro Roberto Calderoli, nel luglio scorso, diceva: «Chi l’ha detto che ci sono 500mila badanti e colf irregolari in Italia? La maggior parte sono badanti del sesso e della droga». Ma i numeri sono numeri: se domani mattina tutte le badanti straniere se ne andassero e le regioni fossero costrette a dotarsi di una rete di residenze per accogliere tutti i non autosufficienti lasciati soli, l’economia italiana rischierebbe il collasso. Per ospitare tutti, l’investimento necessario sarebbe appena inferiore, come dicevamo, a 170 miliardi.

Ma come potremo farcene carico? Risposta: ovvio, ricorrendo ai privati. Tanto è vero che il « business del nonno» sta attirando sempre più investitori. Che cominciano ad andare anche in Borsa. Ma la domanda vera è: può essere davvero conciliabile «l’affare» e un’assistenza decorosa? Roberto Volpe, presidente dell’Unione regionale Istituti per anziani, dice di no. Che con le rette pagate dalle regioni, che già hanno l’acqua alla gola, «ci vogliono 40 anni per rifarsi dell’investimento iniziale, edificio, strutture, arredamento». Per non dire della gestione: «Se il 70% dei costi se ne va per il personale e un altro pezzo per l’ammortamento, che cosa dai poi da mangiare agli ospiti? I nostri già sono contenti se arrivano al pareggio…».