La nuova legge elettorale? Un bluff. Se si vota, si vota con quella di prima

Pubblicato il 13 Agosto 2010 - 16:14| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Roberto D'Alimonte

E’ stato lui per primo a segnalare la “falla” nella strategia di Berlusconi. Non che lo sapesse solo lui, ma è stato il primo a metterlo nero su bianco e a corredarlo di numeri e tabelle. E’ presumibile che un ceto politico soprattutto parolaio e discretamente incompetente anche su se stesso e sugli “affari di casa” della “falla” sia sia reso conto solo dopo averla vista stampata giorni fa sul Sole 240re e firma Roberto D’Alimonte. La strategia, la voglia matta di Berlusconi la conoscono tutti, lui stesso non  ne fa mistero: aggirare tutta l’opposizione ed anche il “saliente dei finiani” con un blizkrieg corazzato. Metterli tutti dentro una “sacca” e stritolarli con le elezioni anticipate. Strategia che riduce tutti gli avversari a difensori di una linea Maginot che non riesce a sparare un colpo perchè il “panzer” elettorale li prende alle spalle. Bene, ma D’Alimonte ha dimostrato che esiste la possibilità che ai “tank”, alle colonne corazzate del Pdl e della Lega potrebbe mancare la benzina a due passi dalla vittoria. La “falla” si chiama Senato: lì Berlusconi e Bossi potrebbero non avere la maggioranza dei seggi se gli elettori italiani votassero nel 2011 più o meno come hanno votato nel 2008.

La legge elettorale vigente prevede un premio di maggioranza in seggi alla coalizione che prende più voti sul territorio nazionale. Ma questo vale solo per la Camera dei deputati. Su scala nazionale il Pdl “vale” circa il 35 per cento dei voti, la Lega più del 10 per cento. Qurantacinque e passa per cento in totale se a Berlusconi e Bossi va “normale” e neanche troppo bene. Non c’è partita, a meno di rivoluzioni elettorali sempre possibili ma non prevedibili. Il Pd, anche se ha più del doppio dei voti della Lega (tutti se lo dimenticano calcolando il potere, fortissimo, e non il consenso, vasto ma limitato, di Bossi e dei suoi), con l’Idv fa a fatica 35 per cento. Si aggiunga pure Vendola e qualcosa d’altro a sinistra, si ipotizzi pure un recupero dell’astensionismo di sinistra in nome e virtù della “liberazione” da Berlusconi, si arriva al 38, 40 per cento? Non c’è partita, anche se a Bersani, Di Pietro e Vendola uniti andasse alla grande. E se il Pd va con Casini, Rutelli, magari Montezemolo? Perde Di Pietro e Vendola e affini. E anche questa alleanza alla Camera torna a fare, con ottimismo, 35 per cento o poco più. Quindi alla Camera Berlusconi e Bossi prendono il premio di maggioranza, vincono e chiudono tutti nella “sacca”, finiani compresi. Una lista autonoma “finiana” può darsi solo in alleanza con Casini e il resto del centro. Se va alla grande, quindici per cento. Fosse anche venti per cento, da capo a dodici…Quanto al tutti insieme contro Berlusconi e Bossi, da Fini a Vendola, passando per Casini e Bersani, semplicemente non esiste.

Al Senato invece il premio di maggioranza è su base regionale. E’ la strana legge voluta e inventata da Calderoli. Inventata quando sembrava a tutti che le successive elezioni le avrebbe vinte il centro sinistra, inventata apposta per “azzoppare” quella vittoria. E infatti al Senato premio di maggioranza regionale vuol dire che chi prende più voti in quella Regione prende la maggioranza dei seggi, il secondo prende quel che resta dei seggi a disposizione. Il “secondo”, e se i “secondi” sono due? Allora i due “secondi arrivati” spartiscono i seggi non andati al primo arrivato. Ed è questa la “falla”: per avere la maggioranza dei seggi al Senato Berlusconi e Bossi devono arrivare primi nelle Regioni a maggioranza netta di destra e leghista, ma devono anche arrivare secondi, solitari secondi nelle Regioni in cui vince il centro sinistra. Se c’è un altro “secondo”, insomma un terzo concorrente che raccoglie i voti presi nel 2008 da Casini, Lombardo più un Fini che prende un terzo dei voti che erano di An, allora Berlusconi e Bossi al Senato la maggioranza non ce l’hanno. Il loro eventuale governo diventa zoppo, il blitzkrieg fallisce.

D’Alimonte l’ha dimostrato e Berlusconi l’ha preso sul serio. Merita dunque credibilità D’Alimonte, sa di cosa parla e scrive. E ne ha scritta un’altra, anche questa non ci voleva la zingara per indovinarla, ma D’Alimonte la spiega che è un piacere. Spiega che la richiesta delle opposizioni di una nuova legge elettorale è un bluff. Un bluff fatto avendo in mano scartine. Basta domandare “quale” nuova legge elettorale. Una legge proporzionale con sbarramento al cinque per cento? E’ la legge che piace a Casini e D’Alema, la legge che smonta la rendita di posizione di Bossi e lo strapotere di Berlusconi perchè non obbliga i partiti a decidere le alleanze di governo prima del voto: ognuno prende i voti che sa e che può e poi si vede. Ma questa legge non piace a mezzo Pd e come si fa a cambiare la legge elettorale contro la volontà dell’attuale parlamento a maggioranza Pdl e leghista? Non si fa, non si può.

Si potrebbe fare una nuova legge elettorale maggioritaria ritornando ai collegi uninominali, quella che c’era prima della “porcata” di Calderoli secondo la sua stessa definizione. Il paese diviso in tanti collegi, in ciascun collegio il candidato di una, due o tre coalizioni. L’elettore che sceglie il suo deputato e senatore e non vota per quello nominato dal capo del partito prima ancora che si voti. Ma questa legge, questo tipo di legge non la vuole Casini e non la vuole Vendola e non la vogliono i piccoli partiti che nella stragrande maggioranza dei collegi arriverebbero sempre ultimi o quasi. Quindi chi la vota in Parlamento questa nuova legge? Mezzo Pd e poi?

Terza ipotesi, altrettanto fantasiosa: si abolisce il premio di maggioranza su base regionale al Senato. Conviene oggi solo a Berlusconi. Perchè mai gli altri dovrebbero dire di sì? Conclusione ovvia, politica e matematica insieme: se si vota, si torna a votare con la legge che c’è. E se rallentamento o pausa indubbiamente ci sono stati nello scivolare verso le elezioni anticipate è per i due “Commi D’Alimonte” prima che per ogni altra cosa. Sì, Napolitano non vuole e lo dice pure. Un ostacolo grosso ma non insormontabile. Sì, potrebbe nascere un governo tecnico elettorale. Ma Berlusconi lo userebbe come trampolino per la vittoria, gridando al golpe. Sì, bisogna aspettare almeno gennaio/febbraio per sciogliere le Camere perchè a inizio anno ci sono centinaia di miliardi di titoli pubblici da piazzare sul mercato e il mercato non gradisce crisi politiche. Se ci sono, si cautela chiedendo rendimenti più alti per comprare le emissioni sovrane…Sì, c’è tutto questo e anche altro: i dossier che volano, il clima rancido.

Ma soprattutto la corsa alle elezioni ha rallentato perchè Berlusconi e Bossi non sono sicuri di avere i seggi che servono al Senato e le opposizioni sanno che non avranno mai una nuova legge elettorale anche perchè non sanno che legge volere. Alla fine però c’è un “Terzo Comma” che non è di D’Alimonte, è, se così si può dire, un comme genetico, uno “spirito”, una natura, un istinto, un’attitudine. Quelle di Berlusconi e del Pdl: macchine elettorali e non di governo. Il blitzkrieg li affascina, li mobilita, li compatta, li convince, li esalta. Probabilmente lo proveranno lo stesso e tutto, proprio tutto, si giocherà su quel barile di benzina in più o in meno nel motore dei loro carri armati.