Pd: Bersani e il nodo delle riforme, ma i veltroniani aprono al semipresidenzialismo

Pubblicato il 6 Aprile 2010 - 21:56 OLTRE 6 MESI FA

Pier Luigi Bersani, segretario del Pd

In acque già agitate dopo il voto regionale, il freno sull’acceleratore delle riforme, impresso dalla maggioranza e oggi dal ministro leghista Roberto Maroni, rischia di aprire un solco nel Partito Democratico. Sulla scia di posizioni storiche, i veltroniani, nel ritrovato protagonismo post-elettorale, aprono al semipresidenzialismo alla francese mentre l’elezione diretta del capo dello Stato non ha mai convinto gli ex popolari.

Pier Luigi Bersani, in attesa di capire le mosse della maggioranza, è perplesso: «Per fare questo modello bisogna ‘scaravoltare’ (nel senso di stravolgere) un sacco di cose del nostro sistema. E comunque noi siamo contrari ad un sistema americano con curvatura populista». L'”assenza di identità” del Pd, secondo la critica del presidente della Provincia Nicola Zingaretti, passa anche dal fatto che i democratici hanno da sempre posizioni diverse su modelli istituzionali e legge elettorale, andando dal modello tedesco, caro a Massimo D’Alema, al modello ‘sindaco di Italia’, da sempre simbolo di un governo che decide per Walter Veltroni.

I due, nella riunione del coordinamento politico, la scorsa settimana, si sarebbero trovati, però, d’accordo su un punto: il Pd non può essere pregiudizialmente contrario al presidenzialismo. Posizione sulla quale oggi i veltroniani, davanti alla proposta del ministro dell’Interno, fanno un passo avanti sulla strada del dialogo: «Se i due pezzi più ragionevoli della maggioranza – sostiene il costituzionalista Stefano Ceccanti – cioé la Lega e Fini riprendono cose dette da noi sin dall’inizio, auspico che si rifletta prima di chiudere in modo preconcetto». Anche perché il semipresidenzialismo si accompagnerebbe al sistema elettorale del doppio turno, che è stato a lungo cavallo di battaglia dei Ds e anche di Dario Franceschini.

Bersani, dal canto suo, è pronto al confronto in Parlamento con la maggioranza. Ma prima, spiegano i suoi, «bisogna che la maggioranza ci faccia vedere le carte». «Noi abbiamo i nostri paletti – afferma il leader Pd – e i nostri punti che abbiamo detto chiaramente: riduzione del numero di parlamentari, senato federale, rafforzamento dei poteri del governo e del parlamento. E a questo aggiungiamo: nuova legge elettorale, legge sui partiti e sui costi della politica. Loro si chiariscano le idee e, quando hanno finito di vedersi, ci dicono chiaramente cosa hanno in testa».

Una posizione che, però, rischia di essere tacciata di immobilismo da parte della minoranza interna. “Nella direzione del 17 o in un’altra sede – spiega un dirigente di Area Democratica – dobbiamo discutere e alla fine decidere, magari anche votando, su un modello più complesso rispetto alla bozza Violante altrimenti potremo solo aderire o rifiutare la proposta che la maggioranza metterà sul piatto”.