Il Pd vuole il governo di transizione ma teme il dietrofront di Fini

Pubblicato il 10 Novembre 2010 - 00:18 OLTRE 6 MESI FA

Il voto di Fli con le opposizioni sulla mozione riguardante i rapporti tra Italia e Libia non ha destato entusiasmo più di tanto nel Pd: la giornata trascorsa senza che i finiani ritirassero la delegazione dal governo, come avevano promesso, ha fatto sì che il voto di martedì sia stato letto da Bersani e dai dirigenti Democratici come un segnale ambiguo di Fli alla maggioranza e non come un gesto di rottura verso Berlusconi.

Nel Pd comincia a trapelare nervosismo per quelli che Bersani ha definito ”tatticismi” di Fli; destano preoccupazione le voci di tentativi da parte della Lega e di una frangia del Pdl di riagganciare Fini e i suoi. Intanto Walter Veltroni ha rilanciato la propria sfida al segretario tentando l’aggancio con i rottamatori di Renzi e Civati. All’uscita dall’Aula Bersani ha detto che il voto odierno ”certifica la crisi della maggioranza”. Poi si è recato in disparte a discutere seriamente con alcuni parlamentari a lui vicini come Michele Ventura e Antonio Misiani, senza alcun visibile cenno di soddisfazione.

Analogo il commento di Dario Franceschini su una ”maggioranza che non c’è più”. Ma alla richiesta di immediati scenari il capogruppo Pd si è schermito. Le nuove sollecitazioni di Bersani a Fli a fare atti ”più chiari” segnalano il timore di un tentennamento da parte di Fini e dei suoi sulle proposte di ricucitura che arriverebbero anche da una parte del Pdl. In Transatlantico, dopo il Berlusconi bis, è risuonato il tam-tam di un governo di centrodestra ad altra guida, pur di salvare il salvabile e reimbarcare Fini.

”Chi cerca delle soluzioni all’interno del perimetro del centrodestra – ha detto Bersani – non ha capito la situazione. E’ una situazione politica che il Paese ha messo alle spalle; ne va traguardata un’altra. Il problema è che tra il Paese e l’ex maggioranza si è creata una frattura profonda”. Parole che sembrano voler convincere Fini. Il desiderio è voltare pagina, teatralmente espresso in Aula da Massimo D’Alema, che ha fatto il gesto con la mano dell’andar via: ”A questo punto vi resta o di abbandonare o di prendere atto e andarvene”, ha detto l’ex ministro degli Esteri. La soluzione di Bersani e’ quella di un governo ”in discontinuità” che affronti la legge elettorale e alcune emergenze sul lavoro e il fisco per poi tornare alle urne ”con proposte nuove per il Paese”. ”Non sarò io a proporre elezioni anticipate”, ha aggiunto.

La debolezza del Pd nel rappresentare oggi una ”alternativa credibile” al centrodestra è stata nuovamente presa di petto da Walter Veltroni, che oggi ha tenuto una Convention di Movimento democratico a Roma. Veltroni rilancerà la sua sfida il 26 a Roma, con una manifestazione nazionale e il 15 gennaio a Torino, dove tornerà al Lingotto per lanciare un nuovo Manifesto. Veltroni e gli altri due leader dei Modem, Giuseppe Fioroni e Paolo Gentiloni, hanno poi deciso di invitare ai due appuntamenti i rottamatori Matteo Renzi e Pippo Civati, la cui area è più insidiosa per Veltroni che non per la maggioranza di Bersani.