Fiat. Il Pd alla Fiom: “Rispettare il referendum”. Vendola incalza sulle alleanze

Pubblicato il 10 Gennaio 2011 - 21:45 OLTRE 6 MESI FA

Pier Luigi Bersani durante un incontro tra una delegazione del Pd e una della stessa Fiom ha detto che ”rispettera”’ l’esito del referendum tra i lavoratori Fiat, consultazione che invece Maurizio Landini giudica illegittima. Una posizione, quella di Bersani, apprezzata da Fim e Uilm e che, politicamente, evita uno schiacciamento su posizioni radicali dello stesso Pd, alle prese con il tema delle alleanze.

Proprio il posizionamento sulla vicenda Fiat può essere determinante nei rapporti del Pd con l’Udc e con Nichi Vendola. Bersani, accompagnato dal responsabile economia del Pd Stefano Fassina, e da quello per il Lavoro, Emilio Gabaglio, ha incontrato nel pomeriggio prima Landini, e poi i rappresentanti di Fim e Uil, Giuseppe Farina e Giovanni Contento. Bersani, pur condividendo le critiche di Landini sulle attuale norme sulla rappresentanza sindacale e sulla ”latitanza” del governo, ha precisato in modo ”netto e chiaro” che va ”rispettato” l’esito del referendum tra i lavoratori di Mirafiori.

Posizione apprezzata da Fim e Uilm. Addirittura l’ex ministro Cesare Damiano, a titolo personale, ha suggerito alla Fiom una firma tecnica in caso di vittoria del si’. Resta la difficolta’ di fronteggiare una situazione inedita. La ”latitanza” del governo, come ha denunciato Bersani, mette nelle mani dei sindacati, prima, e dei lavoratori, poi, i destini non solo dell’occupazione a Mirafiori, ma di un intero settore industriale, quello dell’auto. Ed è per questo che Bersani ha detto a Farina e Contento di ”comprendere le ragioni” del si’ all’accordo, per difendere gli investimenti.

Quando mercoledì Nichi Vendola incontrerà Landini, marcherà forse una maggiore distanza dal Pd di Bersani. Tuttavia il segretario dovrebbe recuperare il settore moderato e quello ”riformista”. Non a caso in una riunione di Movimento Democratico con Walter Veltroni, Paolo Gentiloni e Beppe Fioroni, è stato detto che alla Direzione del 13 i Modem incalzeranno il segretario sul profilo riformista del Partito, a partire proprio da temi come l’accordo Fiat.

Curiosamente il Pd, dopo aver chiesto, per bocca di D’Alema, Pier Ferdinando Casini a decidersi, ha dovuto a sua volta subire un ultimatum dallo stesso Casini e da Nichi Vendola. Il leader Udc ha posto i Democratici di fronte alla esigenza di scegliere tra lui, da una parte, e Vendola e Di Pietro dall’altra. Il leader di Sel ha esortato il Pd a ”sciogliere i nodi” sin nella Direzione del 13 a partire dal tema del lavoro. Il ”niet” di Casini ha messo in imbarazzo Bersani che si è trincerato dietro a un ”no comment”, mentre D’Alema ha definito ”schermaglie” la risposta del leader centrista. Certo, la proposta di un ”patto Repubblicano” a tutte le opposizioni, che doveva essere la proposta di Bersani in Direzione, dopo questo ”no” è molto indebolita. Il che ha permesso al ”rottamatore” Matteo Renzi di infierire: ”le previsioni di D’Alema sulle alleanze non si sono quasi mai avverate”.

IL CHIARIMENTO DI D’ALEMA ”Il Pd ha preso una posizione chiara, una posizione chiara che compete a un partito politico, che non è quella di partecipare al referendum dei lavoratori”. Così Massimo D’Alema ha spiegato: ”Il referendum lo fanno i lavoratori che giudicheranno questo accordo. Noi abbiamo detto che siamo favorevoli a un programma di investimenti della Fiat, riteniamo che ci debba essere un patto sociale per lo sviluppo di questo Paese. Io quello che osservo è che questo patto sociale non può essere affidato soltanto a un rapporto tra sindacati e imprenditori, con tutte le difficolta’ di un rapporto di questo tipo che, a mio giudizio, deve essere incoraggiato con tutti i protagonisti senza escludere nessuno. Manca un soggetto fondamentale in tutto questo, cioè il governo. Perché nel momento in cui si chiedono ai lavoratori dei sacrifici, non è chiara la controparte politica. Uno può dire a un lavoratore ‘ti chiedo un sacrificio perche’ offro una garanzia a tuo figlio’. Ma dov’è oggi un governo in grado di fare questo discorso e di unire il Paese? Non c’è”. E ha concluso: ”La vera debolezza della questione della Fiat e’ che tutto e’ affidato a un rapporto difficile tra le parti sociali, che diventa ancora piu’ difficile perche’ manca il protagonista politico di un patto per lo sviluppo, cioè il governo del Paese”.