Pdl, stop alle quote 70-30 tra Forza Italia e An. Meloni soddisfatta

Pubblicato il 3 Luglio 2011 - 14:24 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Nel Pdl è finita l’era delle quote. Come scrive Andrea Garibaldi sul Corriere della Sera, è stato definitivamente messo in soffitta l’accordo stipulato da Berlusconi e Fini quando Forza Italia e Alleanza Nazionale si fusero nel nuovo partito. Le quote prevedevano che il 70% delle cariche andasse ai forzisti e il 30% agli aennini.

Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, da sempre grande sostenitrice della fusione, ha ricordato: “Dobbiamo far vivere e valere il nostro patrimonio di storia e di identità ma navigando in mare aperto”.

Secondo il ministro, scrive Garibaldi, “chi viene da un vero partito ha carte da giocare. Esperienza nel lavoro sul territorio, militanza politica: «Io suggerisco ad Angelino (Alfano, nuovo segretario del Pdl) di spingere a fondo sui temi che ha proposto. Congressi degli iscritti, ma con tessere a un euro. Primarie, ma a tutti i livelli, anche per la leadership. Parlamentari, eletti e non più cooptati o raccomandati»”.

Giorgia Meloni, ricorda Garibaldi, “non è mai apparsa come membro di corrente nel Pdl. Si può solo segnalare la sua lontananza, a Roma, dal sindaco Alemanno.

Per il resto, sostiene Garibaldi, “l’area ex An – come testimonia il direttore del Secolo d’Italia, Marcello De Angelis — ha approvato il discorso di Alfano: «Primarie, tesseramento, congressi… Sarebbe importante se Alfano realizzasse anche la metà di ciò che ha detto».

Eppure, “gli ex di An si muovono su terreni separati. Gasparri e La Russa restano fianco a fianco”

Su un fronte diverso, prosegue Garibaldi, “stanno il ministro Matteoli e il sottosegretario Augello e il sindaco di Roma, Alemanno, che hanno siglato un «patto di consultazione». Matteoli è stato fra i primi ad invocare la fine del 70/30. Augello condivide molte parole d’ordine contenute ieri nel discorso di Alfano: no all’anarchia nel partito, non tutti gli inquisiti sono perseguitati dalla magistratura, sì alla meritocrazia, sì alle primarie. Alemanno è il più «movimentista» . Alfano avrebbe colpito lui e la Polverini deplorando le «liste Coca Cola» , cioè concorrenti di quelle del partito, ideate da esponenti del partito”.