Più pilo per tutti ancora no, ma più ponti sì: 5 giorni di festa in più. In Senato proposta anti…austerità(?)

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 17 Aprile 2018 - 14:22 OLTRE 6 MESI FA
Più pilo per tutti ancora no, ma più ponti sì: 5 giorni di festa in più. In Senato proposta anti...austerità(?)

Più pilo per tutti ancora no, ma più ponti sì: 5 giorni di festa in più. In Senato proposta anti…austerità(?)

ROMA – Più pilo per tutti ancora no, ancora non ci siamo alla traduzione in proposta di legge dello slogan-obiettivo.

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Prima più Pilo per tutti è stato lo slogan-obiettivo di un Cetto Laqualunque inventato dalla fantasia preveggente di Antonio Albanese. Poi è diventato realtà. Anzi è stato superato dalla realtà. Nella recente campagna elettorale sono state promesse e raccontate come possibili cose che più Pilo per tutti al confronto sfigura. Comunque lì, al più Pilo per tutti non ci siamo ancora, ma ci stiamo organizzando. Muoviamo nella direzione giusta, quella del più Pilo per tutti.

Un primo passo è stato mosso al Senato con la proposta di tre senatori della Svp. Come sia venuto in mente solo a loro e proprio a loro è cosa singolare, perché mai i tre parlamentari della componente di lingua tedesca dell’Alto Adige, proprio loro e solo loro? Dubitiamo siano soli nella proposta. Se non si offendono, è lecito il dubbio che abbiano dietro e al fianco altri che la pensano come loro. E che siano stati mandati avanti. Un po’ per vedere l’effetto che fa e un po’ perché se lo diceva per primo un altro di altra sigla politica poteva fare, come dire, effetto rigetto politico.

E invece la proposta dei tre è molto bipartisan, anzi tripartisan, anzi ancora per tutte le parti. La proposta è di aggiungere al calendario dei giorni che non si lavora altri cinque giorni di festa. E simmetricamente togliere cinque giorni al calendario dei giorni di lavoro. L’ideale per un paese che da un quarto di secolo non riesce ad aumentare la produttività al passo con qualunque altro in Europa.

Di ideale c’è nella proposta sicuramente l’afflato per così dire anti…austerità. Sono o sono state le elezioni del popolo che non ne può più? Del basta. Del ridateci. Quindi si propone di ridare al popolo cinque giorni di festa che al popolo furono sottratti una quarantina di anni fa. Sottratti per legge. Ora le elezioni della libertà ispirano la proposta di far tornare giorni di festa il giorno di San Giuseppe, quello della Pentecoste, quello dell’Ascensione, quello del Corpus Domini e di estendere al paese intero la festività del giorno di San Pietro e Paolo di cui oggi il 29 di giugno godono solo a Roma.

Si noti l’alta incidenza di feste da ripristinare a carattere religioso. Anzi, altro che alta, totale. Tutte e cinque in nome della religione. In un paese dove i cattolici praticanti sono per conteggio della Chiesa cattolica decisamente meno della metà della popolazione. Più che con la fede e la devozione la proposta di fare cinque giorni di festa in più l’anno ha a che fare con l’antica liturgia di lisciare il pelo al popolo, di regalargli un po’ di feste quando il pane è difficile regalarlo. E’ un primo vero, genuino e coerente post elezioni nel segno del voto del 4 di marzo.