Primarie Pd: liberi gli elettori, meno gli eletti. Bersani pigliatutto

Pubblicato il 14 Dicembre 2012 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA
Bersani vota alle primarie: il segretario è riuscito a disinnescare Renzi e blidare il partito

ROMA – Primarie Pd. Liberi gli elettori di scegliersi il candidato, molto meno gli eletti che, con il meccanismo della selezione sul territorio, finiranno con rispondere direttamente al solo segretario. Bersani farà il pieno (niente ironia sulla pompa di benzina di Bettola) di candidati a lui riferibili. La strategia di Bersani, prima con le primarie poi con le cosiddette “parlamentarie” (le primarie di San Silvestro) consente al segretario una duplice vittoria: bloccare i renziani e allontanare senza traumi i vecchi notabili garantendosi fedeltà in Parlamento. Un incubo sussurrato per le minoranze, le correnti, in particolare per gli ex popolari (chi è il Democratico con il coraggio di parlar male di primarie democratiche?).

Ne discute la cronista politica del Corriere della Sera Maria Teresa Meli, citando l’informatissimo (sulle cose Pd) sito Retroscena.it. La tenaglia di Bersani rafforza la sua leadership e disinnesca le polemiche sul nascere. Chiave di volta è il “territorio”, ovvero la presa del partito a livello locale. A decidere sulle liste dei candidabili saranno i segretari provinciali e regionali, storicamente vicini alla maggioranza bersaniana Pd (appoggio sul quale chi viene dal Partito Popolare non può contare). A loro è affidata la sgrossatura, la selezione in prima battuta: priorità a chi si è impegnato a testa bassa perché le primarie riuscissero, insieme a chi davvero è popolare e può vincere anche provenendo dalla società civile.

Chiunque possa vantare pacchetti di voti o influenza e popolarità guadagnate in anni di carriera o semplicemente come ospite fisso in tv, dovrà rimettersi in gioco e correre come tutti gli altri. Compresi i renziani, che devono dimenticare quel 40% ottenuto nelle primarie di novembre. Quel risultato non è una cambiale, nel senso che la geografia delle correnti non uscirà da alchimie distillate nella segreteria ma dal responso dei cittadini. Primarie aperte a tutti, quindi, agli iscritti, a chi ha votato per le primarie, a chi dichiara di essere un elettore Pd (ultima apertura della portavoce di Bersani, Moretti). Così, non servirà nemmeno nominarlo Grillo: lo spettacolo di una consultazione democratica e trasparente vale da solo a connotare le “incredibili” (Bersani) primarie 5 Stelle.

Ai notabili rimasti senza paracadute non resta che implorare la clemenza del principe. Bersani, infatti, si è riservato una quota di candidabili del 20% (ma c’è chi dice del 30). Non ci sono i fedelissimi nel listino bloccato: anche loro dovranno misurare il proprio consenso gareggiando. Ci saranno invece le personalità senza esercito magari di estrazione autonoma dal Pd (Carlo Galli, Miguel Gotor e altri intellettuali). I capi bastone attuali, i Bindi, i Fioroni, dovranno giocarsela sul territorio (che controllano a macchia di leopardo, fuori dalla macchina schiaccia sassi ex comunista). Se vogliono far parte della Guardia del re in Parlamento dovranno fare atto di lealtà. Ecco perché, la grande ventata di libertà con cui si sceglie di coinvolgere gli elettori, va a tutto vantaggio del segretario, rafforzandone il rapporto con la base, bypassando il notabiliarato preso in contropiede.