Vince Maroni: Rosy Mauro espulsa. Salvo il Trota. “Ha vinto il rancore”

Pubblicato il 12 Aprile 2012 - 19:34 OLTRE 6 MESI FA

Rosy Mauro (Foto Lapresse)

MILANO – Ci sono volute 3 ore e mezza prima che il responso arrivasse: Rosy Mauro è stata espulsa dalla Lega. Non è esattamente una sorpresa, Roberto Maroni era stato il primo a chiedere il passo indietro: “La dimetteremo noi”. Di più: in via Bellerio lui aveva dettato la sua condizione. O lei o me. Renzo Bossi invece se l’è cavata: le dimissioni dal Consiglio lombardo sono state ritenute sufficienti. Se l’espulsione era nell’ordine delle cose prevedibili a questo punto, molto meno scontata la lotta della Mauro. L’”infermiera”, la “badante”, la “nera”, la “strega” non si è arresa ai primi attacchi. Che ci fosse anche lei in via Bellerio giovedì pomeriggio non era nei programmi. E’ entrata dall’ingresso principale, accompagnata dal quel Pier Moscagiuro che la vulgata designa come suo amante. Gigolò, addirittura, in alcune intercettazioni. Tre ore e mezza ci ha messo Rosy prima di arrendersi. Nel Consiglio non aveva potere di veto in verità, non era lei a poter cambiare in qualche modo la decisione. Ma c’è stata,  oltre la porta dell’ufficio leghista, una lotta strenua.

Alla riunione c’erano tutti quelli che contano. Ma c’erano soprattutto Umberto Bossi e Roberto Maroni. Per il primo la Rosy era diventata in buona sostanza indifendibile. Per il secondo il tassello principale dell’operazione repulisti iniziata giorni fa con le scope padane in mano alla manifestazione dell’orgoglio leghista. Di più, una prova di forza: l’agenzia Tmnews riferisce che Maroni avrebbe minacciato le sue dimissioni se non avesse ottenuto la testa della Mauro. La prossima tappa dell’ascesa maroniana è ora il congresso del 30 giugno che designerà il nuovo segretario.

Il consiglio di giovedì pomeriggio era stato convocato formalmente per decidere la sorte del tesoriere Francesco Belsito, rimosso a sua volta senza sorprese. Rosy avrà dunque argomentato finchè non è calata la sera. Ripetendo, è facile presumere, la stessa difesa offerta alla stampa e a Porta a Porta. Fino a 48 ore fa la vicepresidente del Senato ripeteva con determinazione che lei alla poltrona non avrebbe rinunciato. “Non vedo perché dovrei, su di me solo menzogne”. Menzogna la laurea e il diploma in Svizzera spesati dal partito con soldi pubblici (“ero somara a scuola, figurarsi se potevo immaginare di laurearmi in Svizzera”), menzogna i soldi dirottati nelle sue tasche (“Gli unici soldi, documentati, sono quelli al Sinpa, il sindacato padano”). Menzogna la liason con la bodyguard (“Solo un poliziotto distaccato a palazzo Madama”).

Il Senatur però non ha partecipato al voto sulla Mauro. Che ha commentato: “Il rancore ha prevalso sulla verità, la mia è una epurazione già scritta”. A quanti le chiedevano se intendesse dimettersi anche da vicepresidente del Senato, ha invece risposto: “Vedremo, un passo alla volta”.

Il consiglio federale ha però affrontato anche il punto dolente dei fondi di partito distratti a favore della famiglia del leader. Nel corso della riunione Umberto Bossi ha assicurato ai presenti: “Se si accerterà davvero che qualcuno della mia famiglia ha preso dei soldi appartenenti alla Lega io farò un assegno per rimborsare l’intero importo”.

Rosy “la badante” è diventata Rosy “la puttana” nello spietato gergo delle intercettazioni tra l’ex tesoriere Belsito e la segretaria Nadia Dagrada. Forse paga un prezzo eccessivo, perché paga per tutti. Rosy “il capro espiatorio”: non è mancato nemmeno questo nelle cronache politiche delle ultime ore. La vicepresidente “pasticciona” (che in una memorabile seduta al Senato passava emendamenti a velocità massima, tanto che la votazione fu ripetuta) difesa da tre donne che più diverse non si può. Flavia Perina di Fli, Paola Concia del Pd, Margherita Boniver del Pdl, tutte e tre a sottolineare che l’epurazione leghista non può accanirsi ora sulla sola Rosy Mauro. Lei da parte sua ci ha provato: a Porta a Porta, carte alla mano e scortata dall’avvocato. Ma in via Bellerio la sua difesa è stata nulla. E nella sua parabola discendente oggi è la volta di “Rosy l’espulsa”.