Lo scioglimento di una sola Camera? Il parere di tre costituzionalisti: “Improbabile”

Pubblicato il 15 Novembre 2010 - 09:16 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Sciogliere la Camera e andare alle urne per eleggere i soli deputati. Questa è l’ultima ipotesi espressa dal premier Berlusconi per uscire dalla crisi attuale. Peccato che questa ipotesi non soddisfi tre costituzionalisti, intervistati dal Corriere della Sera.

“Sul piano formale — commenta Augusto Barbera, ordinario all’università di Bologna — l’articolo 88 prevede anche lo scioglimento di una sola Camera, e ciò è successo, una sola volta, nel 1953. Questo aveva un senso quando il Senato veniva eletto per sei anni e la Camera solo per cinque. Ma dal 1963 sia deputati che senatori vengono scelti per cinque anni e le Camere tendono ad essere espressione di un’unica maggioranza politica: il nostro sistema di fatto da allora si è trasformato da bicameralismo perfetto in un monocameralismo imperfetto”.

Piero Alberto Capotosti, ex presidente della Corte costituzionale ed ex vicepresidente del Csm, ordinario di Giustizia costituzionale alla Sapienza, sostiene che lo scioglimento di una Camera “si basa sul presupposto che non possa svolgere il suo lavoro, il presupposto è la paralisi legislativa, e non che essa esprima una maggioranza diversa rispetto al governo: il presidente del Consiglio può chiedere ciò che vuole, ma spetta al capo dello Stato decidere, anche se a me sembra molto improbabile, anche perché in proposito deve essere ascoltato il parere del presidente del Senato, ma anche quello del presidente della Camera”.

Anche Giovanni Pitruzzella, ordinario di Diritto costituzionale all’università di Palermo, vicino alla Fondazione di centro destra Magna carta, concorda con questo giudizio di “improbabilità, fermo restando che decidere spetta unicamente al presidente della Repubblica. L’esecutivo deve avere la fiducia di entrambe le Camere, quindi se riceve la sfiducia anche di un solo ramo del Parlamento, è il governo che ha l’obbligo delle dimissioni”.