Sequestro Spinelli: forse “merce” di scambio non era lodo Mondadori. E la usb era vuota

Pubblicato il 22 Novembre 2012 - 09:16 OLTRE 6 MESI FA
Sequestro Spinelli: chiavetta usb vuota, per i pm fu tutto un bluff

MILANO – Volevano 35 milioni da Silvio Berlusconi, ma in mano non avevano nulla. La chiavetta usb che i rapitori di Giuseppe Spinelli avevano spacciato come presunto “tesoro da scambiare con l’ex premier” era infatti vuota. E mentre è caccia al settimo uomo, un sorta di “talpa” o “basista”, per gli inquirenti è sempre più improbabile che il ricatto si basasse sui documenti del lodo Mondadori.  

Chiavetta Usb. In quel supporto informatico, emerge dagli interrogatori di mercoledì, non c’era niente. Non c’erano le “7 ore e 41 minuti di registrazioni che avrebbero danneggiato Carlo De Benedetti” in relazione alla sentenza sul lodo Mondadori, o il filmato di “una cena”  tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e i giudici del processo.

Ma non tutti i rapitori sarebbero stati consapevoli del vuoto nella chiavetta, alcuni l’avrebbero scoperto solo in casa di Spinelli. “Al mattino, quando siamo usciti dalla camera da letto – racconta Spinelli ai pm – ho visto che il computer era acceso e ho detto “Beh meno male, siamo in grado di vedere sia il contenuto della chiavetta che quello del dvd”, ma loro mi hanno detto che il sistema del computer non era compatibile con il programma su cui era stato registrato il dvd e la chiavetta. Ho replicato che avevo due videoregistratori, sia HiFi sia mono, ma i banditi risposero che anche in questo caso non erano compatibili”.

Ma se da una parte emerge il bluff dei rapitori, dall’altra non tornano ancora i tempi. Un ritardo sempre più strano. Scrivono Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella sul Corriere della Sera:

A fronte di rapitori che non mostrano l’asso vantato, che al mattino in cambio di niente liberano ugualmente i due ostaggi accontentandosi che Spinelli riparli con Berlusconi, e che di pomeriggio si accontentano di un’altra risposta evasiva del contabile, stupisce dunque sempre di più che Spinelli, l’ex premier e l’avvocato Ghedini abbiano deciso di denunciare solo alle 16.20 del 17 ottobre, con 31 ore di ritardo, il sequestro-lampo finito già alle 9 del 16 ottobre.

Secondo Ghedini, Spinelli per paura avrebbe rivelato il sequestro solo il 17 ottobre, mentre a mezzogiorno del 16, pur ormai libero con la moglie, «non fece cenno al sequestro, limitandosi a dire che le persone con cui aveva parlato erano state pressanti»; e «aggiunse che, a suo parere, si potevano avere i documenti versando una prima tranche di 5 milioni».

L’iniziale reticenza appare tuttavia poco conciliabile con l’idea che il collaboratore di Berlusconi da una vita, una delle persone a lui più sinceramente fedeli, riservato ufficiale pagatore delle sue spese personali (come i soldi a Ruby e alle ragazze del bunga-bunga), anche da libero abbia tenuto nascosto al premier e al suo legale un fatto delicatissimo come il sequestro-lampo. E incuriosisce che Spinelli, anche quando ormai non correva più pericoli, abbia insistito affinché Berlusconi pagasse una cifra enorme (5 milioni) per audio e video che lui stesso ai pm ha detto di nemmeno aver potuto verificare.

Paolo Colonnello per La Stampa riporta che il lodo Mondadori potrebbe non essere la “merce” di scambio:

Di che filmato si tratta? Che il ricatto si basasse su documenti relativi al Lodo Mondadori, sembra sempre più improbabile: tra sentenze penali e civili in giudicato, più che una cena tra magistrati e Carlo De Benedetti per cambiare «il corso del Lodo Mondadori», ci sarebbe voluta una bomba atomica. E poi c’è quello strano riferimento al «dottor Forno», che sembra legare il ricatto più ai risvolti pecorecci dell’inchiesta Ruby che a quelli finanziari-corruttivi del Lodo. Di certo l’ultimo contatto dei rapitori con il misterioso personaggio della scheda peruviana avviene la mattina del 16 ottobre, a Bresso, un’ora dopo che gli Spinelli sono stati «liberati», come se il materiale dovesse essere riconsegnato. Poi i monitoraggi non riveleranno mai più la sua presenza. Così come non si ritroveranno più i documenti da vendere, per 35 milioni di euro, a Berlusconi.