Tremonti al magistrato: “Due cordate nella Guardia di Finanza. Una risponde al premier”

di Dini Casali
Pubblicato il 8 Luglio 2011 - 14:42| Aggiornato il 8 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

NAPOLI – Esiste, depositata negli atti dell’inchiesta sulla P4, una testimonianza del ministro Giulio Tremonti che riferisce dell’esistenza di cordate all’interno della Guardia di Finanza e di gruppi del Corpo in stretto contatto con il Presidente del Consiglio. Lo scorso 17 giugno a Tremonti, convocato a Napoli in qualità di testimone dal pm Piscitelli, viene fatta ascoltare la registrazione di un colloquio telefonico tra il Capo di Stato maggiore Michele Adinolfi e Silvio Berlusconi. L’alto ufficiale è indagato e sospettato di aver informato dell’indagine Pippo Marra, presidente dell’Adn Kronos e suo amico, il quale avrebbe poi avvertito Luigi Bisignani. Per questo il suo telefono è posto sotto controllo.

La testimonianza di Tremonti è importante, per il gip, perché aggiunge che Milanese, il suo ex consigliere al Ministero, era anche il quel momento a stretto contatto con i vertici delle Fiamme Gialle e conosceva il contenuto di certe “trame”, oggetto di un chiarimento tra Berlusconi e Tremonti stesso. Il perdurare dell’attività (criminale secondo l’accusa) di Milanese è all’origine della richiesta di arresto formulata dal gip.

Il generale Adinolfi, ascoltato in Procura a Napoli quattro giorni dopo Tremonti, conferma che Berlusconi, in un incontro, gli palesa i dubbi di Tremonti su una possibile “attenzione” del generale stesso sul ministro. Tremonti aveva alluso a una “strana battuta” di Adinolfi. Durante l’incontro Berlusconi chiama al telefono Tremonti per rassicurarlo, davanti al generale Adinolfi stesso.

Il gip di Napoli, Amelia Primavera, per giustificarne la richiesta di arresto, sottolinea come la “gravità delle condotte di Milanese coinvolge direttamente la trasparenza e l’affidabilità dell’operato della Finanza”. Secondo la ricostruzione dei giochi di potere all’interno del Corpo fornita dal gip alti ufficiali “hanno concorso nel tempo alla ripetuta rivelazione di segreti d’ufficio”. Insomma, seppure non identificate, per il gip il comando della Guardia di Finanza è una tana di talpe.

La doppia anima delle Fiamme Gialle, al netto di episodi singoli o episodici, è comunque tutta da dimostrare. Giochi interni e commerci segreti per favorire l’ascesa di questo o quello al vertice del Corpo possono entrare nella fisiologia del potere se non della natura umana. I magistrati stabiliranno reati e responsabilità. I teoremi sono più difficili da dimostrare. E’ chiaro che politicamente la vicenda drammatizza ancor di più lo scontro o la divaricazione tra il Presidente del Consiglio e il suo ministro più importante. Ma se il primo è il referente di una Spectre infiltrata nel corpo sano della Guardia di Finanza, non sembra averne tratto vantaggi così cospicui. A meno che le sistematiche e quotidiane palate di fango cui è esposto mezzo governo qualcuno non le consideri un danno.