Vespa ai giornali: dettato quotidiano. La storia “a chiacchiere”

di Lucio Fero
Pubblicato il 3 Novembre 2009 - 15:58 OLTRE 6 MESI FA

Venerdì comincia, oppure finisce, per ora, da settimane, non finisce mai di finire e sempre comincia a cominciare. Non è una profezia maya oppure un passo mal tradotto della “Critica della Ragion Pura” di Hegel. È il prossimo, immanente, incombente, seriale libro di Bruno Vespa. Venerdì lo “presenta”, ma sono settimane che è in ogni luogo e in ogni tempo della comunicazione di massa. Ogni giorno una riga, ogni giorno un titolo, anche due, di Tg, quotidiano, notiziario web.

Come ogni oracolo che si rispetti, Vespa parla a rate. Lui con Berlusconi ci ha parlato un’oretta, forse due. Ma della conversazione Vespa ha fatto quel che il contadino faceva con il maiale: non si butta niente. Né l’osso, né la polpa e neanche l’odore. Un giorno ci fa sapere che «Berlusconi non accetta ricatti». Cane che morde uomo, la notizia sarebbe il contrario. Ma tutti titolano come bravi scolaretti sotto dettato. Un altro giorno ci fa sapere che Berlusconi non ritira le querele già presentate. Non è proprio una rivelazione, ma nessuno si esime dal proseguire nel “dettato e copiato”. Un altro giorno ed ecco: «Berlusconi alleato con la Lega». Che novità! E un altro giorno: «Berlusconi vorrebbe l’alleanza con l’Udc». Si immagina ressa alle edicole, avvisati i tutori dell’ordine pubblico.

Ogni giorno così, va avanti da settimane. In palese violazione del detto popolare per cui “ogni bel gioco dura poco”. Invece questo gioco dura e perdura. È il metodo Vespa: parla con un politico protagonista e sforna micro salsicciotti della chiacchiera. Giornali, radio e tv ci stanno al gioco: hanno un titolo assicurato al giorno e risparmiano fatica. Vespa pubblicizza come mai meglio si potrebbe il suo libro, con l’unica contro indicazione che, dopo aver letto tutti i “trailer” del film perchè mai uno dovrebbe pagare il biglietto per “andare al cinema”, cioè comprare il libro? Obiezione però da marketing ignorante della realtà: come confessano le centinaia di migliaia di acquirenti i libri di Vespa si comprano ma non si leggono, sono, a loro modo, status symbol.

Dopo due settimane di “anticipazioni”, venerdì cominciano le “presentazioni”, cioè si passa dalla zuppa al pan bagnato. Nulla di male, anche se molto di noioso. Anzi auguri e soprattutto complimenti a Vespa che dalla “sbobinatura” delle sue interviste ricava qualcosa che accredita come libro, perfino come libro di storia. L’unico appunto, volendo perdere un minuto a pensarci sopra, è appunto su questa identificazione tra la storia e le parole. Vespa raccoglie e racconta le chiacchiere, le dichiarazioni, il parlato dei politici. E dice che questa è la politica. Le “cose” non esistono, esistono solo le parole nella storiografia “vespiana”. Lui fa il suo mestiere, da gran professionista, lui lavora sulla chiacchiera. Sono gli altri che hanno abdicato al loro mestiere. Gli altri chi? Gli storici, quelli veri, si sono arresi o quasi. I giornalisti sono sazi e soddisfatti del “copia e incolla” e, ultimi ma non ultimi, quelli che pensano di conoscere l’Italia leggendo e apprendendo: «Erano le undici del mattino quando Berlusconi telefonò a D’Alema…».