Tienanmen 21 anni dopo, l’ex premier Li Peng: “Dovevamo fermarli”

Pubblicato il 4 Giugno 2010 - 16:37 OLTRE 6 MESI FA

L'immagine simbolo di piazza Tienanmen

A ventun’anni anni dal massacro di studenti avvenuto nella notte tra il 3 ed il 4 giugno 1989 su piazza Tiananmen a Pechino, l’ex primo ministro Li Peng ha dato oggi la sua versione dei fatti.

In un manoscritto fatto pervenire attraverso un intermediario a Bao Pu, un editore di Hong Kong legato all’ala riformista del Partito Comunista Cinese, Li Peng sostiene di aver approvato l’uso della forza perché il movimento era “sfuggito di mano” e rischiava di ripetere gli orrori della “Rivoluzione Culturale”.

“Sarei stato pronto a dare la vita per bloccare quel movimento”, afferma tra l’altro l’ex-premier in uno dei passi del manoscritto pubblicati oggi dal quotidiano South China Morning Post.

Li Peng, che oggi ha 81 anni e che viene accusato dai dissidenti di essere uno dei responsabili della strage, sottolinea che la decisione di imporre la legge marziale e far intervenire l’esercito per sgombrare piazza Tiananmen occupata dagli studenti fu presa dall’allora numero uno cinese Deng Xiaoping.

Nell’intervento militare, nella notte tra il 3 ed il 4 giugno 1989, persero la vita centinaia, forse migliaia, di persone, molte delle quali avevano cercato di impedire ai mezzi corazzati dell’Esercito di Liberazione Popolare di raggiungere la piazza occupata da migliaia di giovani.

Quest’anno a piazza Tianamen, invasa come in qualsiasi altro giorno da migliaia di turisti cinesi e stranieri, la giornata è trascorsa tranquilla. Al contrario dell’anno scorso quando, in occasione del 20esimo anniversario del massacro, l’ ingresso a Tiananmen fu vietato ai giornalisti per tutta la giornata, oggi nessuno ha fermato i numerosi reporter stranieri in piazza.

Tiananmen è costantemente controllata da decine di poliziotti in divisa e in borghese e non sembra che oggi siano state prese misure eccezionali. Il gruppo umanitario China Human Rights Defender ha denunciato che decine di dissidenti e attivisti, tra cui l’avvocato democratico Teng Biao, sono bloccati da ieri nelle loro abitazioni dalla polizia per impedirgli di prendere iniziative e di parlare con i giornalisti stranieri.

In una bizzarra coincidenza per alcune ore sono misteriosamente ricomparsi su Internet alcuni siti porno che normalmente vengono censurati. Dalla Cina non sono normalmente accessibili i siti sgraditi al governo di Pechino, come quelli degli esuli tibetani e quelli delle principali organizzazioni umanitarie internazionali, oltre a quelli di relazioni sociali come YouTube, Twitter e Facebook.

Le autorità non hanno fornito alcuna spiegazione del fatto che, secondo gli esperti di Internet in Cina, è da attribuire ad un momentaneo blackout della censura.

Uno dei leader del movimento studentesco del 1989, Wuer Kaixi, che ha 42 anni e vive a Taiwan, è stato fermato dalla polizia giapponese a Tokyo mentre cercava di entrare nell’ Ambasciata della Cina.

Ricordando che le autorità non hanno ancora reso noto il numero delle vittime del 4 giugno le Madri di Piazza Tiananmen – un gruppo di donne i cui figli sono stati uccisi nel 1989 – hanno affermato di voler proseguire nel chiedere che venga fatta chiarezza sugli avvenimenti di quella notte.

“Non abbiamo paura del vostro silenzio, non abbandoneremo quello che abbiamo iniziato”, hanno scritto rivolgendosi direttamente alle autorità di Pechino in una lettera aperta diffusa nei giorni scorsi.