Palestina, Obama cambia strategia per essere rieletto

Pubblicato il 24 Settembre 2011 - 18:26 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – Con un cambio di marcia sul Medio Oriente, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha gelato le aspirazioni dei palestinesi a ottenere una patria attraverso una risoluzione dell’Onu.

Nel giorno in cui l’assemblea generale entrava nel vivo, con gli interventi dei capi di Stato in plenaria, l’irritazione americana verso Ramallah ha avuto la meglio, aprendo così una nuova fase di possibili negoziati  che potrebbero, in un prossimo futuro, potare Obama in Israele.

Secondo gli analisti americani, e secondo una tesi fatta propria anche dal corrispondente della Stampa Maurizio Molinari, i motivi della svolta “anti-palestinese” sarebbero tutti di politica interna.

Secondo quanto ha detto Patrick Clawson, del Washington Institute, a Moliari, “Durante l’estate il Presidente si è reso conto che nel 2012 la rielezione si giocherà sull’economia e in particolare sull’occupazione e di conseguenza ha deciso di abbassare il profilo su tutti i temi di politica internazionale, incluso il negoziato israelo-palestinese”.

Tesi simile quella di Larry Korb, responsabile delle questioni strategiche nel pensatoio democratico del Center for American progress di John Podesta: “Nel 2012 l’elezione finirà in un testa a testa, ogni settore dell’elettorato può rivelarsi decisivo e la Casa Bianca si è resa conto che in America c’è una percezione di Obama come Presidente più vicino ai palestinesi che a Israele mentre la grande maggioranza della popolazione, non solo gli ebrei, guarda con più favore a Israele che ai palestinesi”.

Clawson ricorda che “in maggio Obama, dicendosi a favore delle frontiere del 1967 per il futuro Stato palestinese, aveva compiuto un importante passo verso Abu Mazen, che però anziché ricambiare con un’altrettanto significativa apertura negoziale ha scelto di andare in tutt’altra direzione, puntando sul riconoscimento dell’Onu”. Sarebbe questa mossa palestinese a raffreddare i rapporti fra Washington e Ramallah, perché sostituire l’Onu alla trattativa bilaterale implica l’abbandono dalla formula negoziale sulla quale si basano gli accordi di Oslo del 1993, siglati sotto l’egida dell’amministrazione Clinton.