Romania Paese delle spie: ce ne sono più che al tempo di Ceausescu

Pubblicato il 29 Gennaio 2010 - 14:35 OLTRE 6 MESI FA

L'ex-dittatore romeno Nicolae Ceausescu

Il quadruplo delle strutture di spionaggio possedute dai maggiori paesi europei, 7 dipartimenti di intelligence e un servizio di informazione (SRI e SIE) con un rapporto di agenti per abitante sei volte maggiore dell’Fbi e cinque volte superiore alla britannica MI5. “Un caso unico e impressionante”, riporta la stampa locale. La Romania è ormai il paese leader europeo dello spionaggio in Europa. Come neanche ai tempi della temibile Securitate del dittatore Ceausescu.

A fare la lista delle organizzazioni di 007 dell’ex colosso comunista è il sito del quotidiano Adevarul secondo il quale “non si tratterebbe solo di un numero elevato di servizi segreti ma anche di un impressionante numero di agenti operativi”. Un investimento notevole per il democratico premier Emil Boc che, mentre il governo taglia i fondi in quasi tutti i settori della pubblica amministrazione, investe molto nei servizi segreti. In alcuni dipartimenti, infatti, si registrano aumenti anche del 40 per cento. E’ questo il caso del Servizio di informazioni estere (SIE), uno dei principali dipartimenti dell’intelligence romena, che nel 2010 potrà spendere fino a 52 milioni di euro.

Ma l’anomalia non è solo nella capacità di spesa e di investimenti. “La Romania – riporta la stampa locale – ha oggi, in democrazia, più agenti segreti di quanti ne avesse durante la dittatura di Ceausescu”. La famosa Securitate romena, una delle più forti e brutali polizie segrete del mondo, abolita nel 1989, era composta da 6 dipartimenti, tutti volti a contrastare il dissenso interno. Un servizio di spionaggio estesissimo se si considerano, tra gli altri, anche gli 11.000 agenti e circa mezzo milione di informatori legati alla Direzione generale per le operazioni tecniche e alla Direzione per il controspionaggio, le strutture che tenevano in pugno uno dei più temibili sistemi di controllo della popolazione, spesso basato sulla delazione. Ma non poi tanti se paragonati ai numeri attuali. Per il 2010, infatti, la stampa romena conta “12mila agenti solo per quanto riguarda il Servizio romeno delle informazioni”.

C’è di più. Rispetto al passato, infatti, l’intelligence sfornata da Bucarest ha mutato le sue sembianze. Non più solo paramilitari, guardie del corpo o uomini d’affari. Ripartiti per competenze in 7 dipartimenti, molti dei quali dedicati alla comunicazione interna ed estera, gli 007 contemporanei non rinunciano ad affiancare all’adozione di sofisticate tecnologie lo spionaggio “old style”: le informazioni fornite da fonti umane. Un’attività nella quale la Romania primeggia e grazie alla quale Bucarest conquista anche il favore della Nato.

Uno stock di risorse umane a disposizione del governo che le reimpiega, 20 anni dopo, al servizio degli ex nemici del “blocco capitalista”. Con un’impostazione che è già rivoluzionaria: “Trasformare uno strumento del regime comunista in un apparato al servizio della democrazia”, dice la studiosa romena-americana Florina Matei. Anche considerando la posizione strategica del Paese, crocevia di traffici che rappresentano le nuove vere minacce per l’Europa intera: contrabbando di donne-schiave, bambini, droga e armi. Ma per i romeni questo fiorire di spie in casa riapre forse vecchie ferite, declinate oggi in termini “democratici”: come dimostrano le polemiche sul coinvolgimento dei servizi segreti nelle campagne elettorali e nella vita politica del paese.