Trump: ministri due ricconi di Wall Street. Beffati i voti anti sistema

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 1 Dicembre 2016 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA
Trump: ministri due ricconi di Wall Street. Beffati i "voti anti sistema"

Trump: ministri due ricconi di Wall Street. Beffati i “voti anti sistema”
EPA/SHAWN THEW

Il presidente eletto Usa Donald Trump ha fatto ministro del Tesoro l’ex Goldman Sachs Steven Mnuchin e ministro del Commercio il miliardario Wilbur Ross. Mnuchin, è uno che dopo aver lavorato per la banca d’affari più importante al mondo si è poi messo a fare il trader finanziario in proPrio. Ross è un signore che di mestiere rileva le aziende pericolanti, le chiude, le fa fallire e ci guadagna rivendendole.

Mnuchin, figlio e nipote d’arte (anche il padre e il nonno lavorarono per Goldman Sachs), ha intenzione di applicare il programma di Trump: ovvero di smantellare tutti i paletti contro la speculazione finanziaria, come la legge Dodd-Frank, messi dall’amministrazione Obama per regolare Wall Street. Mnuchin raccoglierebbe così i desiderata del mondo della finanza Usa, che lamentano un eccesso di normative.

Trump sta assemblando il “governo più ricco che l’America abbia mai avuto”. Così titola il Washington Post che ricorda le critiche a George W. Bush quando nel 2001 mise insieme un governo di “ricconi” giudicati lontani dai problemi della gente. Un governo i cui componenti, sommati, arrivavano a un patrimonio di 250 milioni di dollari. Una cifra che è appena un decimo della ricchezza del solo Wilbur Ross, neo ministro del Commercio.

Ma non ci sarebbe niente di sconvolgente: è un presidente repubblicano. Se non fosse però che la campagna elettorale di Trump è stata populista, anti sistema, con il tycoon dell’edilizia che ha sottolineato sempre quanto la sua rivale Hillary Clinton fosse finanziata da Wall Street, dalle multinazionali, dai “big shot” dell’establishment economico statunitense.

Se non fosse che la vittoria di Trump è stata narrata come la vendetta della classe operaia (bianca) e di tutta l’America profonda contro le élites e contro un partito democratico che non rappresentava più i più deboli. Narrazione, quest’ultima, che trova però solo parziale riscontro nel conteggio dei voti, che dall’8 novembre ad oggi continua nei 50 stati a stelle e strisce. Bene, i numeri attuali dicono che i sondaggi pro-Clinton non si sbagliavano poi così tanto e che una valanga anti sistema Trump non c’è stata.

La Clinton, con oltre 65 milioni e 150 mila voti, ha preso due milioni e mezzo di voti in più di Trump (il 2% in più), che i conteggi danno a 62 milioni e 600 mila consensi. La Clinton viaggia verso la riconferma di tutti i voti presi da Obama nel 2012, mentre Trump avrebbe così preso un milione e 700 mila voti in più di Mitt Romney, che quattro anni fa fu nettamente sconfitto.