Berlusconi-Napolitano, nucleare, serie A: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Novembre 2013 - 08:31 OLTRE 6 MESI FA
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La Repubblica del 25 novembre

ROMA – «Ora si rispetti la legalità». Corriere della Sera: “Alt di Napolitano. Berlusconi rilancia le accuse, non andrà in Aula.”

Grazia, l’alt di Napolitano al Cavaliere. L’articolo a firma di Marzio Breda:

Un «omicidio politico», addirittura un «colpo di Stato», il voto di Palazzo Madama sulla decadenza di Berlusconi? Una chiamata alla «piazza» fondata proprio su queste parole d’ordine per contrastare quel passaggio ormai fatale? Una «vergogna» l’applicazione della pena inflitta con una sentenza, che è «un’ignominia» in sé, dalla Cassazione? «Un’umiliazione ridicola e inaccettabile» la pretesa che il condannato debba chiedere la grazia anziché vedersela attribuita motu proprio dal Quirinale?

Giorgio Napolitano ha atteso 24 ore prima di replicare alla sfida istituzionale del Cavaliere, studiata per anticipare con uno strappo rumorosissimo l’addio di Forza Italia dalla maggioranza di governo. Ha voluto verificare le reazioni dei partiti, il presidente. Poi, ha fatto conoscere la sua, di reazione. Durissima. Nella quale definisce «di estrema gravità», perché «privi di ogni misura nei contenuti e nei toni», i «giudizi e propositi» espressi dall’ex premier. E gela l’ipotesi di un provvedimento unilaterale di clemenza (pronunciata con la foga intimidatoria di un diktat), spiegando che «non si sono create via via le condizioni» per un suo «eventuale intervento» sulla base di quanto prevedono «la Costituzione, le leggi e i precedenti». Vale a dire che, giusto per fare un paio di esempi, Berlusconi non ha deliberatamente accettato il verdetto della Suprema corte, né ha mostrato rispetto per la magistratura. Due delle precondizioni — assieme alla domanda dell’interessato — indicate dal comunicato quirinalizio del 13 agosto per rendere praticabile l’esame per la concessione della grazia. Anzi: «Nulla è risultato più lontano del discorso tenuto sabato dal senatore Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti che in quella dichiarazione erano stati formulati» e ai quali Napolitano rammenta d’essersi sempre tenuto fermo, «con coerenza».

L’ex premier si sfoga con i fedelissimi: adesso è chiaro chi è il regista di tutto. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:

Silvio Berlusconi vive con angoscia queste ore che precedono il voto del Senato sulla sua decadenza da parlamentare. Ha deciso di non recarsi a Palazzo Madama perché è convinto che abbiano preparato nei suoi confronti un «trattamento come quello riservato a suo tempo a Bettino Craxi». A chi ha avuto modo di sentirlo offre un quadro politico molto preciso nel quale un ruolo di primo piano, anzi di vero e proprio regista dell’operazione che mira ad estrometterlo dalla vita pubblica lo avrebbe svolto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al fine di consegnare il Paese alla sinistra. Un piano che sarebbe partito da lontano, dal suo discorso ad Onna, in Abruzzo in occasione della Festa della liberazione, discorso che segnò il culmine della sua popolarità nel Paese. Il Cavaliere, secondo quando trapela dalle confidenze fatte a più di un interlocutore che si è recato a fargli visita nella sua residenza di Palazzo Grazioli ritiene che in Italia sia a rischio la democrazia e la libertà. Fa esplicito riferimento al fatto che da anni sia in atto un vero e proprio colpo di Stato per consegnare il Paese alla sinistra. Anche la scissione, ha detto ai suoi, troverebbe sponde al Colle. «O credete che sarebbero bastate le parole esagerate della Santanchè?». Berlusconi parla delle falsità sulle «parole mai dette sul conto della Merkel», ai sorrisini che si sono scambiati la stessa Cancelliera e il presidente francese Sakozy, fino all’esplosione dello spread e al bunga bunga. Insomma, a sentire la versione dell’ex premier riferita ai fedelissimi, i primi movimenti miranti a creare le condizione affinché si dimettesse sarebbero cominciati nel giugno del 2011, il Capo dello Stato avrebbe preso contatto con quello che di lì a poco avrebbe sostituito Berlusconi a Palazzo Chigi, cioè il professore Mario Monti e l’allora amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera. Altri segnali, stando a questa ricostruzione sarebbero stati la nomina di alcuni giudici costituzionali con il chiaro intento di operare per consegnare l’Italia alla sinistra.

Renzi e Cuperlo sfidano Letta “Usi le idee del Pd”. “Basta alibi” Civati: riforma elettorale e si voti. L’articolo di Repubblica a firma di Giovanna Casadio:

«Non credo che l’Italia diventi un discount se arriva l’investitore spagnolo… peggio mi pare quando ci fu l’operazione Telecom dei “capitani coraggiosi”». Matteo Renzi dal palco gioca in contropiede su Gianni Cuperlo e la tifoseria renziana in platea commenta: «D’Alema se lo sogna anche di notte il Matteo, è il su’ incubo». I tre candidati alle primarie dell’8 dicembre — Renzi, Cuperlo e Civati — non potrebbero essere più distanti. La Convenzione del Pd, ieri all’Ergife, dà il via al rush finale della sfida per la segreteria. Ma è subito chiaro che, al netto delle differenze, su un paio di cose i tre fanno squadra: hanno liquidato di fatto i big della vecchia guardia, nessuno di loro è presente; insieme mettono il governo Letta sotto assedio.

Il sindaco di Firenze, super favorito e vincitore del congresso tra gli iscritti, avverte il premier e il centrodestra: «Dal 9 dicembre il rapporto con il governo deve cambiare. Senza sgambetti, saremo leali a Letta, ma il governo ha usato troppa della nostra pazienza, della nostra responsabilità, della nostra lealtà, ora deve usare le nostre idee». E tanto per chiarire meglio la mission che vuole assegnare al “suo” Pd, spiega che il governo deve essere efficace negli investimenti, deve fare la legge elettorale, le riforme, il piano per l’occupazione e lo sviluppo, «se no le larghe intese diventano solo il passatempo per superare il semestre Ue». Parole che, con quelle dei giorni scorsi sul cambio di passo e di agenda dell’esecutivo, infastidiscono Angelino Alfano. Il vice premier, segretario del fu-Pdl e, dopo la scissione, leader del Nuovo centrodestra, stoppa il sindaco di Firenze: «Se non ci siamo noi del Ncd — controbatte — cade il governo. A Renzi, al Parlamento, al governo propongo un patto per il 2014 su riforma elettorale, superamento del bicameralismo, meno tasse, taglio della spesa pubblica e intervento sui salari, alla fine del prossimo anno faremo il punto».

E il governo finisce anche nella tenaglia di Cuperlo, subito dopo il “no” secco alle larghe intese di Pippo Civati. Tra Matteo e Gianni il fairplay si ferma a bordo palco — una carezza, un abbraccio — perché nei discorsi è subito incrociare di spade. «La destra si è spaccata, e ora il governo non ha più alibi, non aspettiamo il 9 dicembre per cambiare passo», incalza pure Cuperlo. Al “rottamatore” lancia un affondo feroce: «Renzi dice di volere cambiare tutto. Sì, questa è la sfida ma devi dire dove vuoi portare questo paese e questo partito. Noi siamo la sinistra, non il volto buono della destra». La tifoseria cuperliana esplode in un boato di applausi. Ma il sindaco fiorentino ha buon gioco a replicare: «Ha ragione Cuperlo a dire che non siamo il volto buono della destra, ma non dobbiamo essere più il volto peggioredella sinistra, quella che non ha fatto la legge sul conflitto di interessi e ha mandato a casa Prodi». A portare la tessera Pd a Prodi andrà Civati che racconta i suoi primi atti da neo segretario: legge elettorale Mattarellum e subito alle urne; via dalle larghe intese; Sel con il Pd alla prossima Convenzione. Poi a casa di Prodi a chiedergli scusa per il tradimento dei 101, e una telefonata a Rodotà. Di cose concrete c’è più che mai necessità: è il filo rosso di Renzi che accoglie le proposte di Gianni Pittella su Europa, Mezzogiorno e Pd federale. Pittella è l’escluso dalle primarie con il 6% di voti degli iscritti, riceve molti applausi e i complimenti di Epifani. Al segretario “traghettatore” spetta introdurre e chiedere più etica per evitare brogli e tesseramenti gonfiati. Ma è la lettura del messaggio di Letta (dopo i dati aggiornati dei congressi locali), a dare l’avvio alla Convenzione. Letta dice che andrà a votare alla primarie, e invita tutti a farlo: «Sono una straordinaria prova di partecipazione, la risposta a chi grida per ragioni di populismo rabbioso». Non tutti i leader si sono schierati. Luigi Zanda, capogruppo al Senato, è tra quelli che non ha detto per chi voterà.

Le privatizzazioni partono in salita operazioni difficili, incassi magri e incideranno poco sul debito. L’articolo di Repubblica a firma di Federico Fubini:

Non è un annuncio improvvisato, quello che il governo ha fatto cinque giorni fa sulle privatizzazioni. È da quando è diventato ministro dell’Economia che Fabrizio Saccomanni pensava a un piano di cessione di beni pubblici (o semi- pubblici) per contenere il debito dal 2014. Il programma presentato dall’Italia venerdì a Bruxelles non nasce dunque solo dall’urgenza di convincere i ministri finanziari dell’area euro sull’efficacia della Legge di stabilità.

La risposta di Olli Rehn, commissario Ue agli Affari monetari, è stata pragmatica: terrà conto delle privatizzazioni quando ne vedrà i dettagli. E non sarà un passaggio da poco, perché l’intera operazione potrà ridurre il debito solo in misura molto minore ai 10-12 miliardi che si propone di mobilitare. Probabilmente non più di quattro o cinque miliardi, al più una riduzione di debito di un terzo di punto percentuale. In questo caso, si confermerebbe la stima di Bruxelles secondo cui il debito continuerà a crescere anche nel 2014.

Non è colpa di Saccomanni se il portafoglio di beni vendibili in tempi brevi ormai è ristretto. Ma dalla dismissione di una quota dell’Eni, alla cessione del 60% diSace da parte di Cdp, a quella del 50% di Cdp reti, sul pacchetto restano incognite e punti interrogativi. Il più evidente riguarda proprio il gruppo petrolifero, perché l’operazione prospettata dal Tesoro sembra difficile da eseguire entro il 2014. In base al piano l’azienda ritirerebbe dal mercato il 10% del proprio capitale, riacquistandolo e permettendo così al Tesoro di veder salire la propria quota che oggi è al 4,3%. Poiché Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha un ulteriore 26,7% — e il Tesoro ha l’80% di Cdp — la partecipazione dello Stato salirebbe in tutto al 33%. Ciò permetterebbe a Saccomanni di dismettere un 3%, incassando due miliardi, senza scendere sotto la soglia del 30%che garantisce il controllo della società. Il punto è capire se sarà fattibile. Eni aveva già messo in cantiere un riacquisto di azioni proprie possibilmente fino al 10% del capitale, che agli attuali valori di Borsa costa 6,5 miliardi. Ma un’operazione su così vasta scala è concepibile solo su molti anni, nei grandi gruppi quotati dell’Occidente.

Accordo con l’Iran. Obama: il mondo adesso è più sicuro. L’articolo de La Stampa a firma di Francesco Semprini:

È il punto di svolta storico, la fine di un braccio di ferro negoziale giunto dopo un decennio di prove di forza tra Teheran e la comunità internazionale. L’Iran e le potenze mondiali rappresentate dal gruppo dei 5+1, ovvero i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, hanno raggiunto un accordo che sospende temporaneamente il programma di arricchimento atomico sospettato di finalità militari e dall’altra, consente alla Repubblica islamica di ottenere alcuni alleggerimenti sulle sanzioni che hanno messo in ginocchio la sua economia.

Questo il risultato di un complicato negoziato giunto a una svolta grazie al nuovo corso inaugurato da Hassan Rohani e tessuto grazie alla abilità diplomatiche dei negoziatori delle due parti. Il valore complessivo dell’alleggerimento è stimato tra i 6 e i 7 miliardi di dollari, secondo quanto contemplato dal «Joint Plan of Action» (Piano d’azione comune), divulgato dal ministero degli Esteri russo e dall’agenzia iraniana Fars.

Sei i capitoli principali dell’intesa. L’Iran si impegna a interrompere l’arricchimento dell’uranio sopra il 5% e a non aggiungere altre centrifughe, pertanto Teheran neutralizzerà le sue riserve di uranio arricchito a quasi il 20 per cento. La Repubblica islamica non costruirà più impianti in grado di estrarre plutonio dalle scorie del combustibile. Interrotta la costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale generatore di plutonio utilizzabile a fini bellici, e permetterà l’accesso quotidiano ai suoi siti degli esperti dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea).

La comunità internazionale, invece, non imporrà sanzioni a Teheran per i prossimi sei mesi. L’Iran otterrà accesso all’equivalente di 4,2 miliardi di dollari derivanti dalla vendita di greggio, ma bloccati in banche asiatiche a causa delle ultime sanzioni. Saranno sospese alcune misure nei confronti di Teheran e che colpiscono il commercio di oro e metalli preziosi, il settore dell’auto e le esportazioni iraniane di prodotti petrolchimici, pari a un alleggerimento complessivo pari ad almeno 1,5 miliardi di dollari.

L’accordo, suggella il successo della politica di Barack Obama fautore della «mano tesa» nei confronti di Teheran dopo oltre 35 anni di gelo diplomatico tra i due Paesi. Il presidente parla di «mondo più sicuro», perché «per la prima volta in 10 anni il programma nucleare è stato fermato». La stretta di mano tra il segretario di Stato Usa, John Kerry, e l’omologo iraniano Mohammad Javad Zarif, ha fatto il giro il mondo, suggellata dall’annuncio giunto alle cinque del mattino a Ginevra dal capo della diplomazia europea Catherine Ashton nella consueta «foto opportunity». Non esitano a saltare sul carro dei vincitori i francesi che rivendicano di essere stati decisivi nello stop allo sviluppo dell’impianto a plutonio, e di aver fatto slittare l’accordo di dieci giorni proprio per far cedere gli iraniani su questo punto.

Serie A, la Juve balza in testa. Lazio pari, Fiorentina ko. Il Corriere dello Sport: “I bianconeri superano 2-0 il Livorno e vanno a +2 sulla Roma.”

Nonostante l’emergenza in difesa (Conte deve schierare Vidal centrale della linea a tre) la Juve si conferma in forma strepitosa e riparte da dove aveva lasciato prima della sosta: vittoria, punti e zero gol subiti. In più, per la ‘Vecchia Signora’, c’è anche il primo posto solitario in classifica, in attesa del posticipo della Roma contro il Cagliari. I bianconeri si impongono 2-0 sul campo del Livorno grazie alla PER APPROFONDIREFOTO Emozioni Juve Tutto sulla Serie A Statistiche Serie A Classifica Serie A Classifica marcatori Serie A, Cassano stende il Napoli: il Parma vince al S. Paolo coppia-gol Llorente-Tevez. Dopo un primo tempo senza grandi emozioni, e con due sole occasioni da gol create dalla Juve con un colpo di testa di Llorente e un tiro dalla distanza di Pogba, la gara si accende nella ripresa. La Juve parte a testa bassa mettendo in grande difficolta la retroguardia amaranto che in avanti, anche a causa dell’assenza di Paulinho squalificato, non sono quasi mai pericolosi. Il forcing della Juve porta prima alle proteste per un tocco di mano di Ceccherini su tacco di Llorente e, poco dopo, al gol del vantaggio. A segnarlo è proprio Llorente con un bel gol al volo su assist dalla destra di Pogba. Il Livorno non riesce a reagire, mentre la squadra di Conte sembra decisa a chiudere la partita. I bianconeri non devono aspettare molto per trovare il 2-0 che arriva con Tevez bravo a sfruttare al meglio l’assist di Llorente. E’ il colpo del ko per il Livorno, mentre la Juve può festeggiare i tre punti e il momentaneo primato in classifica.