Deficit, Tajani al Messaggero: “Sforare il 3% si può. Anche Germania lo ha fatto”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Febbraio 2014 - 11:35 OLTRE 6 MESI FA
Deficit, Tajani al Messaggero: "Sforare il 3% si può anche Berlino lo ha fatto"

Antonio Tajani (LaPresse)

ROMA – L’Italia deve dotarsi di un ministro dell’Economia “politico” e andare in Europa con riforme già approvate per “negoziare” flessibilità e superare il 3% di deficit come fece la Germania nel 2003.

È questo, in sostanza, l’invito lanciato dal vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, al premier incaricato Matteo Renzi.

L’intervista a cura di David Carretta sul Messaggero:

Il ministro Saccomanni ha detto che l’Italia non può superare il tetto del 3% del deficit. È d’accordo?

«L’Italia ha bisogno di un’azione forte sulla crescita per ridurre il debito. Il Patto di Stabilità si può interpretare: non è né un dogma, né un computer. Se fosse un computer a decidere, basterebbe inserire i dati e non servirebbe la Commissione Europea, che invece deve dare un giudizio politico. Il precedente c’è: la Germania nel 2003, quando il governo di Gerhard Schroeder venne autorizzato a sforare in cambio di riforme strutturali».

Di quel precedente si continua a discutere ancora oggi. Germania e Francia convinsero Giulio Tremonti, all’epoca presidente di turno dell’Ecofin, a bloccare le sanzioni per deficit eccessivo. Alcuni, come Monti, ritengono che quell’episodio abbia contribuito ad aggravare la crisi della zona euro, consentendo a diversi paesi di lasciare andare la spesa pubblica….

«Nel 2003, il Patto venne interpretato, non violato. Alla Germania fu consentito di superare il tetto del 3% proprio perché fece riforme determinanti che sono state considerate come fattori attenuanti. L’Italia può fare altrettanto, presentandosi a Bruxelles con decreti legge sul cuneo fiscale, gli investimenti, la riforma del lavoro, un miglior utilizzo dei fondi europei. Tutti i cofinanziamenti, per esempio, potrebbero essere considerati come fattore attenuante e scomputati dal 3%».

Si sta ribellando alla linea del suo collega Olli Rehn?

«Dentro la Commissione mi batterò. Non so se è una questione di falchi e colombe, ma a forza di dogmi numerici non si risolvono i problemi. Oggi perfino il presidente dell’Eurogruppo dà un’interpretazione elastica del Patto in cambio di riforme».

Secondo Saccomanni, l’Italia rischia di essere punita dai mercati…

«I mercati guardano alla competitività, non al 3%. Tutti quelli che invocano la rigidità del Patto rafforzano il Partito della spesa pubblica, che vuole conservare nelle mani dei mandarini del potere la gestione di tutti i soldi. È per questo che il prossimo ministro dell’Economia deve essere politico e il dicastero spacchettato in due: Bilancio e Tesoro. Saccomanni ha avuto il merito di iniziare a pagare i debiti della Pubblica Amministrazione, ma bisogna fare molto di più. A Via XX Settembre deve contare più il ministro e meno la burocrazia».

Quindi, cosa deve fare Renzi sul deficit?

«Renzi deve venire a Bruxelles con un programma forte e fare ciò che ha fatto Schroeder nel 2003: andare a trattare con l’Europa con un piano di riforme già approvate, e chiedere di interpretare il Patto, non per sperperare soldi pubblici, ma per favorire la crescita. Se si fanno le riforme in Italia ne trae vantaggio tutta l’Europa» (…)