Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Scudi umani”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Ottobre 2015 - 08:29 OLTRE 6 MESI FA
Travel coaching: crescere mentalmente attraverso i viaggi

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ROMA – “L’altra sera – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – a Otto e mezzo si discuteva con Gennarino Migliore, ex Rifondazione comunista (avete capito bene: comunista), poi Sinistra ecologia e libertà (avete capito bene: sinistra), ora Partito democratico (avete capito bene: democratico), dell’abolizione della tassa su tutte le prime case, compresi i primi attici, le prime ville, i primi castelli, le prime regge”.

L’editoriale di Marco Travaglio: Migliore sosteneva che le abitazioni di lusso non erano esentate dall’Imu. Gli citai l’intervento in commissione del sottosegretario Enrico Zanetti, che confermava tutto. Lo stesso Renzi l’aveva rivendicato in tv, sostenendo che è troppo complicato escludere dall’esenzione le case di pregio, con gli estimi catastali fermi agli anni 60. E proprio questo prevedeva la bozza della manovra approvata sulla parola – la solita tradizione orale, da Omero a Matteo – dal Consiglio dei ministri il 15 ottobre: una porcheria che non aveva osato neppure B. L’Unità, giornale fondato da Antonio Gramsci (avete capito bene: Gramsci), si affrettò a giustificare quell’ignobile regalo ai miliardari che avrebbe fatto arrossire persino Maria Antonietta di Francia, col decisivo argomento che castelli, ville e regge sono pochi (appena 74.430), dunque il gioco di tassarli non varrebbe la candela. Titolo di prima pagina: “Il ballo del mattone. La verità sulla Tasi: per ville e castelli vale 85 milioni, per le prime case 3,6 miliardi”.

Ancora martedì tal Mario Lavia, l’editorialista che sta a Renzi come Fede stava a B., scriveva con grave sprezzo del ridicolo: “Si fa un gran parlare della necessità di non togliere l’Imu su castelli e villoni, anche se – come dice il sottosegretario Baretta – ‘io tutti questi castelli non li vedo’: ma come bandierina può funzionare, chi se ne importa se nel merito la misura porterebbe poco o nulla”. Però i gufi della minoranza Pd e di qualche giornale, soprattutto il nostro, insistevano a sottolineare l’iniquità della misura. Così l’altroieri, tomo tomo cacchio cacchio, Renzi ha annunciato che chi ha un castello o un villone continuerà a pagare. Ma attenzione: non ha detto “Avevano ragione i gufi, mi ero sbagliato e ora cambio la manovra”. No: ha finto di averlo sempre previsto, irridendo ai “commenti divertenti” dei soliti “scandalizzati” a ufo. Sono loro che non hanno capito niente, non è lui che ha cambiato idea. I turiferari dell’esenzione dall’imposta per ville e castelli si son subito messi a vento. Gennarino ha ritwittato l’ukase renziano con una sonora risata, come a dire: visto che avevo ragione io?

Egli scudi umani dell’Unità (che ieri pubblicava un editoriale entusiasta della manovra firmato da Ernesto Auci, già capufficio stampa della Fiat di Romiti, già direttore e poi Ad del Sole 24 Ore, già direttore centrale di Confindustria, già candidato trombato della Lista Monti: a quando un bell’editoriale di Marchionne?) si sono precipitati ad applaudire il contrordine con lo stesso fervore con cui applaudivano l’ordine di segno opposto. È la nuova frontiera del giornalismo libero: tutto quello che decide Renzi è cosa buona e giusta. A prescindere. Il guaio è che spesso Renzi si contraddice, costringendo i suoi supporter a piroette, giri di valzer e tripli salti mortali carpiati con avvitamento. Le loro tragicomiche evoluzioni ricordano quelle degli scudi umani berlusconiani (…).