“Nella fabbrica segreta dei super droni di Israele”, Gian Micalessin sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Dicembre 2013 - 10:32 OLTRE 6 MESI FA

droniROMA – In capannoni sorvegliatissimi vicino a Tel Aviv si producono aerei senza pilota Compreso Eitan, il velivolo gigante che potrebbe distruggere le batterie iraniane.

Scrive Gian Micalessin sul Giornale:

“I soldati italiani soffriva­no in passato di cattiva fama. Le vostre Forze Armate dispiegate in Libano so­no, invece, un condensato di al­ta qualità e geniale creatività. Quel che fate lì, parola di solda­to israeliano, è un capolavo­ro”. Il soldato israeliano in questione si chiama Amos Gi­lad e non è l’ultimo dei marmit­toni. L’ufficio all’ultimo piano del ministero della Difesa di Tel Aviv dove lo incontriamo è proprio accanto a quello del mi­nistro. E non a caso. Dalla scri­vania del generale Gilad, diret­tore dell’Ufficio Affari Politico­militari del ministero passano le decisioni più importanti. Come quella per l’acquisto di 30 aerei italiani M 346 Alenia Aermacchi al costo di 850 milio­ni di dollari per l’addestramen­to dei piloti israeliani. Un su­per contratto analogo a quello sottoscritto dall’Italia per l’ac­quisto dell’avanzatissimo sa­tellite spia OptSat3000, il gran­de occhio con cui seguiremo le missioni delle nostre forze ar­mate impegnate a livello globa­le. Per capire l’importanza di questo secondo contratto biso­gna scendere verso i sorveglia­tissimi capannoni dell’«Israel Aerospace Industries» dissemi­nati attorno all’aeroporto Ben Gurion.

Lì, dietro posti di bloc­co, sensori e nugoli di guardie pronte a bloccare visitatori in­desiderati, si celano alcuni dei più importanti segreti militari d’Israele. Tra questi l’OptSat 3000. Il satellite, come spiega Ofer Doron, responsabile com­merciale del settore Missili e Spazio, è un piccolo condensa­to della strategia economica e militare d’Israele. «Quello che costruiamo qui è un prodotto di elevate qualità tecnologiche dai costi contenuti», spiega Do­ron che- dopo averci obbligato a vestire camice bianco, cuffiet­ta e soprascarpe – ci accompa­gna nella sala sterile dove pren­de forma il primo satellite per usi militari acquistato dall’Ita­lia. «Vi costa 182 milioni di dol­lari, ma per voi è un buon affare perché la vostra agenzia spazia­le ne sviluppa il sistema radar a visione spettrografica da 250 colori che l’Italia potrà vende­re separatamente a noi e altri Paesi».

Il padiglione delle meravi­glie di quest’area industriale supersorvegliata è però quello dove si progettano e realizzano i «droni», gli aerei senza pilota. «Vedi questo? Si chiama Ghost (fantasma) vola senza fare il mi­nimo rumore, s’infila ovunque e con il buio è praticamente in­visibile. È studiato per le forze speciali. Con lui cambieremo le regole del combattimento nelle aree urbane. Grazie a lui il nemico non avrà più nascondi­gli », spiega Nir Salomon, il re­sponsabile commerciale dei droni israeliani di ultima gene­razione. «Ghost», un elicotteri­no nero da un metro e mezzo pesante quattro chili, è la ver­sione bonsai del Ch47 Chi­nook, l’elicottero da trasporto a due rotori usato da Stati Uniti e paesi Nato. A differenza del fratellone maggiore questo si­lenzioso calabrone può volare tutto solo, infiltrarsi dentro un edificio, attraversare – grazie ad un programma computeriz­zato- scale, porte e finestre, tra­smettere le immagini sullo schermo di un computer e al ca­so anche abbattere un soldato nemico.

Per chi ama far le cose in gran­de Nir Salomon ha invece pron­to Eitan, ovvero il «risoluto», un gigante da quattro tonnella­te e mezzo di peso, 14 metri di lunghezza e 26 di apertura ala­re, capace di volare per 36 ore portandosi dietro mille chili di attrezzature fra bombe, missili e sistemi d’osservazione. Gra­zie a questo gigante «risoluto» già utilizzato cinque anni fa per distruggere un convoglio di missili partiti dal Sudan e de­stinati ai militanti di Hamas a Gaza, Israele potrebbe cambia­re le regole della partita con l’Iran. Oggi una flotta di Eitan sarebbe già dispiegata in due basi segrete affittate dall’Azer­baigian (…)