Rai, Tobagi e Colombo non lasciano. “Dal Pd un diktat. Tarantola pavida”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Novembre 2014 - 10:48 OLTRE 6 MESI FA
Rai, Tobagi e Colombo non lasciano. "Dal Pd un diktat. Tarantola pavida"

Benedetta Tobagi (LaPresse)

ROMA – Rai, Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo non lasciano. Offensiva Dem dopo il sì al ricorso contro il prelievo: “Scelta per l’azienda”. Anna Maria Tarantola a rischio.

Racconta Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano:

In attesa di marzo-aprile, quando il Cda sarà decaduto con l’approvazione del bilancio che coincide con la fine del mandato, i consiglieri Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, eletti dal partito democratico di Pier Luigi Bersani come esponenti della società civile, fanno sapere che non hanno intenzione di lasciare il posto, convinti di aver rispettato un dovere di indipendenza senza tradire l’azionista di riferimento, cioè il Tesoro.

Ieri sera, Tobagi era a Otto e Mezzo su La7, e ha ripetuto che non si è comportata secondo logiche politiche, ma per proteggere un’azienda da una misura sbagliata, come motivato da diversi pareri di giuristi e da una lettera che il presidente delle televisioni pubbliche europee spedì al Quirinale. Le dimissioni di Tobagi e Colombo erano richieste, soprattutto, dai renziani che ora comandano al Nazareno. Michele Anzaldi ha girato la domanda anche al presidente Anna Maria Tarantola, colpevole di essersi astenuta nel 6-2 a favore del ricorso.

Benedetta Tobagi ha attaccato il Pd in merito alla richiesta di dimissioni in un’intervista a Repubblica:

Lei e Gherardo Colombo avete avallato un’operazione contro il governo organizzata dal centrodestra.
«Non è così».

Ma avete appoggiato i berlusconiani. Questo non è in contraddizione con il suo ruolo nel cda Rai, e con la sua nomina?
«Veramente Verro ha riproposto un tema in discussione da maggio. Il consiglio aveva già deciso informalmente di approfondire la modalità del prelievo per verificarne la costituzionalità. Per massimo rigore abbiamo chiesto il parere di 4 giuristi. Poi, con grande dispiacere, abbiamo notato una forte inerzia da parte della persona che fissa l’ordine del giorno, la presidente Tarantola. A furia di rimandare alle calende greche, un consigliere, com’è nel suo diritto, ha posto la cosa all’ordine del giorno. È stata la pavidità, non la prudenza, di Anna Maria Tarantola, a consentire ad Antonio Verro di mettere il cappello su questa vicenda».

Il Pd ha chiesto le vostre dimissioni. Come risponde?
«Con la dichiarazione di Bersani del 18 giugno 2012, in cui il segretario Pd diceva di essere orgoglioso di sostenerci e prometteva di rispettare la nostra indipendenza. I tempi cambiano, adesso dalla responsabile cultura del partito ci arriva una richiesta di obbedienza. È chiaro che chi è al potere vuole una Rai assoggettata al governo, ma il mio dovere non è verso l’esecutivo, è verso il servizio pubblico».

Anche secondo Luigi Gubitosi chi vota contro l’azionista ha il dovere di dimettersi. Lo farà?
«No, ma spiego perché. Questo dg ha mostrato grandi capacità manageriali per come ha gestito la privatizzazione di Rai Way, e per farlo ha dovuto rispettare tutti gli adempimenti previsti per garantirne l’indipendenza, tra cui la nomina di “consiglieri indipendenti”. Ora, però, si fa paladino di una concezione padronale (il padrùn) secondo cui il consigliere deve obbedire all’azionista. È molto grave, così si torna alla Rai com’era prima della riforma del ’75, controllata dall’esecutivo, dalla Dc, da Ettore Bernabei. Gubitosi è in scadenza, come il consiglio: ha voluto dare un segnale di fedeltà a Renzi».