Se siamo cattivi gli immigrati stiano a casa loro, Feltri sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Dicembre 2013 - 12:41 OLTRE 6 MESI FA
Se siamo cattivi gli immigrati stiano a casa loro, Feltri sul Giornale

Se siamo cattivi gli immigrati stiano a casa loro, Feltri sul Giornale

ROMA – “Se siamo cattivi gli immigrati stiano a casa loro”, scrive Vittorio Feltri, una provocazione, un editoriale pubblicato oggi sul Giornale: “Siamo maestri – scrive Feltri – di autodeni­grazione, salvo lamentar­ci se la stampa straniera, prendendo spunto da quella na­zionale, ci piglia sul serio e ci re­puta straccioni, corrotti e cor­ruttori”.

L’editoriale:

Qualche tempo fa una delle famigerate carrette del mare colò a picco e noi- in parti­colare vari politici- ci flagellam­mo: dovevamo essere più pron­ti nei soccorsi, siamo colpevoli, che Dio ci perdoni. Si trascurò di considerare un fatto che di­mostrava la nostra innocenza: il barcone, quando cominciò a essere in balia delle onde, si tro­vava nelle acque territoriali di Malta. della Valletta si guardarono bene dall’intervenire. Nonostante questo, ci siamo addossati responsabilità che non avevamo.
Recentemente – alcuni giorni fa ­nuove polemiche a causa degli immi­grati. A Lampedusa, un gruppo di po­veracci arrivati nella nostra patria, spinti dall’illusione di abbandonare l’inferno e di conquistare il paradiso, sono stati denudati, condotti in un cortile delle strutture cosiddette di prima accoglienza e irrorati con un potente disinfettante. Sadismo degli inservienti? Disprezzo per i disereda­ti? Figuriamoci.
Questa gente aveva la scabbia, ma­lattia parassitaria caratterizzata da eritemi, che provoca un prurito irresi­stibile alle mani e ai polsi ed è assai contagiosa, basta un contatto superfi­ciale per beccarsela. L’unico modo per debellarla è quello adottato dai «torturatori»dell’isola a sud della Sici­lia. Via ogni indumento e avanti con gli spruzzi di sostanze idonee a neu­tralizzare il maledetto acaro. Non si poteva agire diversamente.
L’episodio però ha suscitato scan­dalo e indignazione, incomprensibil­mente. Nell’immediato dopoguerra dilagava la scabbia anche in Italia. Eravamo in miseria, malnutriti e for­se sporchi: nel 60 per cento delle case non c’erano neppure i servizi igieni­ci. Chi era stato infestato dal parassita veniva sottoposto allo stesso tratta­mento subito dagli extracomunitari in questione. Obbligato a sbiottarsi, offriva il suo corpo piagato all’infer­miere affinché questi provvedesse a cospargerlo di un liquido acconcio. I malati non erano contenti di simile te­rapia, ma ben felici di poter guarire.
Perché allora tanto chiasso attorno agli immigrati curati a Lampedusa con i sistemi descritti? Siamo in inver­no, fa freddo,come si fa a trascinare al­l’esterno tanta gente e annaffiarla? Ciò effettivamente fa impressione, ma solo se non si tiene conto che nel­l’isola c’erano 18-19  gradi. Tant’è che non risultano casi di polmonite, bron­chite o roba simile. D’altronde la scel­ta era fra tenersi la scabbia – con quel che comportava, compresa una diffu­sione incontrollabile della malattia ­e l’accettazione di qualche spruzzo provvidenziale sull’epidermide. Chiunque sa che conviene patire un brivido per alcuni minuti che il tor­mento persistente cagionato dall’aca­ro.
Non fosse stata sufficiente questa gratuita polemica, subito dopo ne è scoppiata una seconda altrettanto gratuita. L’accoglienza riservata aimigranti, secondo alcuni di essi e non pochi commentatori nostrani, meri­ta di essere censurata e giustifica pro­teste clamorose. Anche qui abbiamo da obiettare. Non è facile ospitare a Lampedusa centinaia di persone che quotidianamente vi sbarcano in con­dizioni pietose. Si fa quel che si può. Ci si arrangia. Se una quantità stermi­nata di persone lascia il Terzo mondo per venire qui, ci sarà pure una ragio­ne. Probabilmente, più che una ragio­ne è una speranza. Quando tale spe­ranza si rivela poi un abbaglio, c’è un solo rimedio: non la ribellione, ma la rinuncia a raggiungere la nostra ter­ra. Se meno disperati optassero per l’Italia, meglio sarebbe per loro e per noi. Siamo brutti e cattivi? Stateci alla larga.