Fiat: la strategia del giorno dopo

Pubblicato il 14 Febbraio 2011 - 15:22 OLTRE 6 MESI FA

Sergio Marchionne

TORINO – “Dopotutto, domani è un altro giorno !”, dice Rossella O’hara in “Via col vento” e quindi, avrebbe concluso Sergio Marchionne, ci vuole un’altra strategia. Vivere alla giornata sembra il vero asso nella manica dell’amministratore delegato della (o delle..) Fiat.

Nulla di strano perché come sanno tutti i giovani squattrinati bisogna reinventarsi la vita tutte le volte che ci si alza dal letto. Almeno se si vuole mantenere uno stile di vita dignitoso senza dover chiedere continuamente soldi ai genitori. Per questo chi si aspetta da Sergio Marchionne che siano sindacati o politici, idee chiare sul futuro va inevitabilmente incontro a grosse delusioni.

Non è tanto un problema di reticenza quanto della impossibilità di mettere nero su bianco programmi destinati ad essere puntualmente contraddetti, in funzione di quei cambiamenti di scenario che possono nascondere tra le pieghe qualche opportunità. Mestiere difficile, senza certezze e garanzie, fonte di risultati che possono essere comunicati solo dopo averli raggiunti.

E come ogni scommessa prevede non solo azzardo ma anche capacità di piegare ai propri voleri situazioni apparentemente senza uscita, spinti soprattutto, da uno stato di necessità che non ammette esitazioni. Una strategia fatta di svolte improvvise e, inevitabilmente, di contraddizioni. Che sono tali solo per chi osserva dall’esterno. La crisi mondiale e una Chrysler reduce da un fallimentare accordo con Mercedes e ormai sull’orlo del fallimento, sono stati trasformati da Sergio Marchionne in una preziosa occasione per uscire dall’angolo nella quale lo aveva confinato una gamma prodotto poco competitiva.

Abile nel recuperare dallo scantinato del Centro Ricerche Fiat quel motore Multiair che giaceva abbandonato in un angolo da una decina d’anni, per trasformarlo in moneta di scambio. La cui credibilità, più che nel sistema in se stesso, poggiava sull’analogo stato di necessità dell’amministrazione Obama.

Ma la seconda mossa, il cui successo si basava sullo sfruttamento dell’immagine della prima, è fallita. I tedeschi, infatti, hanno fatto muro contro il passaggio della Opel alla Fiat. Troppo consapevoli della forza del loro prodotto, proprio quello che mancava alla casa torinese, per cedere a Marchionne a costo zero tanta abbondanza. Viene a mancare così quella “terza gamba” senza la quale neppure l’operazione Chrysler sembrava avere più senso. Bisogna cambiare strategia e atteggiamenti.

Il Marchionne sollecito nei confronti degli operai, quello degli asili nido all’interno degli stabilimenti, delle sale mensa rinovate e dei centri commerciali aziendali, lascia posto a quello, meno amichevole, impegnato nell’implacabile marcia verso la riduzione del costo del lavoro.

E in questo modo inventa per primo la fabbrica di automobili che sopravvive, e bene, senza produrre automobili. Infatti i risultati non ne risentono grazie ai successi sul mercato brasiliano, al differenziale di cambio tra Brasile e Italia e al ferreo blocco degli investimenti relativi al rinnovo del prodotto. Oggi è di nuovo la Chrysler e la salita di Fiat in Chrysler a tenere la scena. Una conquista che, ancora una volta, suscita patriottici entusiasmi nella maggioranza per ridurre a poco più di un brusio le reazioni agli sconvolgimenti produttivi ai quali sono sottoposti gli stabilimenti italiani.

Trattati più come un peso, vincolo ineludibile per questioni politiche e sociali o, meglio ancora, preziosa moneta di scambio, in un momento in cui i risultati commerciali parlano di una progressiva espulsione dei modelli della casa torinese dal mercato europeo che come vera opportunità. In questa situazione l’esito della convocazione di Sergio Marchionne da parte del Governo era scontato. Generiche rassicurazioni su un piano, quello di “Fabbrica Italia” che ha ben pochi contenuti oltre a quelli rappresentati dalle pagine pubblicitarie che lo hanno annunciato. Obiettivi sempre più ambiziosi, il raddoppio della produzione in italia ricorda i rilanci crescenti dei giocatori incalliti che cercano di ribellarsi alla fortuna che gli ha girato le spalle.

Crescere in Chrysler anche a costo di smentire se stessi. L’auto elettrica ? Per Sergio Marchionne una pura illusione. Posizione peraltro apprezzabile e realistica. Ma se l’auto elettrica diventa una condizione per rafforzarsi all’interno di quella che una volta era la terza dele tre grandi e che ora è scesa al sesto posto, ecco che arriva la 500 eletrica. E lo stesso avviene per l’ibrido. Da sempre osteggiato ora, a sorpresa, ma neppure tanto, la convinta conversione. Ci sono in ballo i contributi dell’amministrazione americana per l’auto verde e allora ben venga l’ibrido. Innovatito, naturalmente. Un sistema termico – idraulico di cui si sa ben poco ma che annuncia risultati eccezzionali. Per i dettagli ci sarà tampo. Dopotutto, domani è un altro giorno!