Sarah Scazzi, le impronte di Sabrina sulla corda? Ecco le accuse contro la Misseri

Pubblicato il 3 Novembre 2010 - 12:18 OLTRE 6 MESI FA

Sarah Scazzi

Le analisi degli esperti si stanno concentrando sulla corda che avrebbe ucciso Sarah Scazzi: su questa potrebbero esserci tracce precise, sia della vittima, sia di chi l’ha uccisa. Impronte digitali di chi stringeva il cappio: Michele Misseri? O sua figlia Sabrina che l’uomo ha indicato come corresponsabile dell’omicidio della 15enne di Avetrana?

Secondo l’analisi dei tecnici i segni della corda sul collo di Sarah sono netti: la ragazza non avrebbe quindi mosso la testa mentre veniva uccisa. Questo dimostrerebbe che la ragazza aveva le braccia bloccate mentre qualcuno stringeva la corda da dietro. Un’azione compatibile con la presenza di due persone sulla scena del delitto: esattamente come raccontato da Michele Misseri.

Ora gli investigatori, con gli ultimi rilievi scientifici, vogliono chiudere gli esami. Michele Misseri, secondo quanto ha raccontato sua figlia Valentina dopo un incontro in carcere a Taranto, vorrebbe alleggerire la sua confessione: nessuna violenza sessuale e nessuna partecipazione di Sabrina nell’omicidio. I magistrati ora starebbero preparando un quadro probatorio abbastanza solido da contrastare le versioni di Michele Misseri.

Eccoli i punti che, secondo l’accusa, inchioderebbero Sabrima:  all’arrivo dell’amica Mariangela, questa dice di trovare Sabrina piuttosto agitata e in strada (quindi vicino all’ingresso del garage dove Sarah sarebbe stata uccisa) mentre la Misseri ha detto di essere sul patio. Concetta, la mamma di Sarah, giura di non aver mai detto per prima “l’hanno presa, l’hanno presa” e soprattutto ricorda come Sabrina le avesse raccontato che i suoi genitori non erano in casa. Fatto smentito dagli altri testimoni. I tabulati telefonici: Sabrina dice di essere stata sempre con Mariangela quel pomeriggio, i loro telefonini invece dicono il contrario. Senza contare i tentativi di depistaggio, i diari di Sarah nascosti per giorni, la strana omissione della litigata furiosa avuta con la cugina il giorno prima della scomparsa. Infine l’intercettazione ambientale il giorno del ritrovamento del telefono: “Lì ci sono le mie impronte”. Una constatazione, non uno sfogo si difenderà lei. Toccherà ai giudici del Tribunale del Riesame stabilire se crederle o meno e quindi, eventualmente, scarcerala.