Ostensione della Sindone a Torino. Dibattito tra il matematico Odifreddi e mons. Ghiberti

di Dini Casali
Pubblicato il 23 Aprile 2010 - 09:41| Aggiornato il 14 Luglio 2011 OLTRE 6 MESI FA

A Torino sono i giorni dell’ostensione della Sacra Sindone. La grande partecipazione di fedeli o semplici visitatori testimonia l’immutato ascendente che il lenzuolo che si ritiene avvolgesse il corpo del Cristo continua ad esercitare in tutto il mondo da più di 600 anni. Ma la sacra immagine, venerata come una reliquia nella comunità ecclesiastica, non smette di far discutere, opponendo laici e credenti sulla veridicità della stessa.

Il tema, aperto ai contributi di centinaia di storici, scienziati e filosofi, è stato ripreso dal bimestrale Micromega, diretto da Paolo Flores D’Arcais. Nell’ultimo numero, Piergiorgio Odifreddi e Monsignor Ghiberti danno vita al confronto fra due punti di vista diametralmente opposti. Da una parte il matematico irriverente Odifreddi, propugnatore di una razionalismo che non concede sconti e che per questo è spesso accusato dai suoi detrattori di essere il campione dei laicisti. Dall’altra monsignor Ghiberti, presidente della Commissione diocesana per la Sindone.

Le tesi sono note. Per Odifreddi la Sindone non è una reliquia ma un falso, una “bufala” addirittura” che come testimonianza storica vale tanto quanto il film di Mel Gibson [Passion]”. E’ dal 1353, anno della prima ostensione e delle prime notizie su di essa che è possibile confutare coloro che vogliono vedere in essa il telo dove fu deposto il Cristo morto dalla croce.

Soprattutto, Odifreddi chiama a soccorso della sua tesi l’enorme numero di prove scientifiche che, se non offrono la certezza assoluta sulla datazione esatta, negano con altrettanta certezza che il manufatto possa esser fatto risalire all’anno della morte di Gesù.

Monsignor Ghiberti ritiene che la forza della Sindone sta proprio nella povertà di certezze e nel suo messaggio. Per i cristiani insomma la veridicità della Sindone consiste nella forza iconografica che restituisce il volto e il corpo di un uomo sofferente, simbolo altissimo della sofferenza umana nella quale è visibile la santità di Cristo fatto uomo. E in tempi di crisi, specie nella Torino della Fiat, la santa icona rappresenta ancor di più questo corrispettivo simbolico e universale.