Ferrara esonerato: quattro tecnici in tre anni, lo stile Juve non c’è più

Pubblicato il 29 Gennaio 2010 - 17:20 OLTRE 6 MESI FA

Giampiero Boniperti avrà sicuramente storto il naso, alla notizia dell’esonero di Ciro Ferrara: la Juventus si affida infatti al quarto allenatore in tre anni, un evento mai verificatosi nella storia bianconera, una sorta di rivoluzione nel dna di una società che nella propria vita ultracentenaria si era sempre contraddistinta per la continuità nella linea di conduzione tecnica.

Aveva cominciato Didier Deschamps, nella primavera del 2007, a rassegnare le dimissioni, peraltro accettate subito dall’allora amministratore delegato e oggi presidente Jean Claude Blanc. Dissapori sulla campagna acquisti che avrebbe dovuto riconsegnare alla serie A una squadra subito competitiva.

Allora si giocò la carta Ranieri, allenatore esperto e di buon senso, che in effetti i risultati li ottenne subito: la Juve arrivò terza e riconquistò immediatamente l’accesso alla Champions League. L’anno successivo, la squadra venne teoricamente rafforzata per tentare l’assalto allo scudetto, ma i fatti si rivelarono ben diversi: nonostante un sontuoso girone europeo, in cui venne battuto due volte il Real Madrid, e un campionato più che dignitoso, Del Piero e compagni si imballarono a due mesi dal traguardo e non riuscirono più a vincere.

A due giornate dal termine, temendo di restare fuori dall’Europa, Blanc decise, con l’appoggio di un Cda tutt’altro che unanime, di esonerare Ranieri. Toccò al giovane Ciro Ferrara, che non fallì la missione. Poi, la conferma, l’inizio spumeggiante, i primi problemi: soprattutto in Europa, ma anche in Italia, troppe squadre di seconda fascia battono troppo facilmente la Juve. L’Inter si allontana, resta solo una illusione il colpo di orgoglio con cui il 5 dicembre i bianconeri la superano a Torino.

Ma tre giorni dopo il Bayern infligge alla Juve, sempre a Torino, la più cocente eliminazione europea della storia e la esclude dalla Champions. Ferrara riceve il ripetuto sostegno dalla dirigenza, ma qualcosa comincia a scricchiolare: prima gli affiancano Bettega, poi gli danno fiducia a tempo, ma le due partite decisive, Parma e Milan, si rivelano un flop, anche se vince la prima fortunosamente. Le successive sconfitte con Chievo e Roma, gli sono fatali. L’alibi degli infortuni (nessun’altra squadra ne ha registrati così tanti) non basta, perchè i quattro mesi della gestione Ferrara hanno registrato cambi continui di modulo e mai messo in mostra un gioco decente.

Qualche cambio in corsa era comunque avvenuto dal dopoguerra a oggi, e in questo senso la scarsa longevità di Ferrara non è un record assoluto. A cavallo tra la fine degli anni ’50 e i primi ’60 la panchina bianconera è un vero e proprio via vai. Il record assoluto spetta ad Amaral, tecnico dei bianconeri solo per le prime quattro giornate del torneo ’63-’64. Nel ’58-’59 Procic aveva resistito il doppio (otto turni, sostituito poi da De Petrini), nel ’60-’61 Cesarini con Parola al fianco arrivò alla 12/a, e il suo collega fino alla 14/a per essere sostituito da Green, il quale a sua volta nel campionato successivo fu cacciato dopo due partite. Vita breve anche per Carniglia nel ’69, cacciato dopo due mesi, e il suo sostituto Ercole Rabitti – un traghettatore di lusso che sfiorò lo scudetto, ma la squadra dopo due mesi era in zona retrocessione – anche lui fu cacciato presto, sette mesi. Gigi Maifredi, sogno e delusione del calcio champagne in bianconero, durò il breve arco di uno stagione (la ’90-’91), ma perlomeno intera.

Liquidati anche Ancelotti, Zoff e Marchesi, che però terminarono regolarmente il proprio mandato di due anni. Fuori classifica il vice di Deschamps, Corradini, chiamato pro tempore (due partite) dopo le dimissioni del francese. Ma la cacciata di un allenatore tenendolo ancora in panchina – come di fatto è stato per Ferrara – è stato un inedito assoluto. Un’agonia prolungata cui la dirigenza lo ha condannato per oltre un mese. Lo stile Juve, se esiste ancora, è stato personificato da una persona sola, proprio l’esonerato Ciro Ferrara («non mi sento esonerato,e se anche fosse non direi mai nulla contro il club»): forse colui che avrebbe avuto più motivi per abbandonarlo.